Forum della Rete G2 – Seconde Generazioni

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MessaggioInviato: 12 mag 2008, 10:09 
Clandestino

Iscritto il: 05 mag 2008, 16:37
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Ciao a tutti,
mi chiamo Irene e sono una laureanda in sociologia presso l’Università degli Studi di Torino. La mia tesi verte interamente sulle seconde generazioni nate dall’immigrazione ed è suddivisa in quattro capitoli. Il primo è dedicato alla definizione che diversi studiosi hanno dato delle “seconde generazioni di origine immigrata” e soprattutto all’autodefinizione di queste, alla differenza tra prime e seconde generazioni dell’immigrazione, al momento in cui, nel nostro paese, si comincia a parlare di seconde generazioni nate dall’immigrazione e alle caratteristiche di questa “nuovo scenario”. Il secondo capitolo riguarda un confronto tra i diversi modelli nazionali di integrazione nel contesto europeo. Il terzo capitolo è focalizzato su un’analisi dei principali contesti in cui le seconde generazioni sono quotidianamente presenti (scuola, mercato del lavoro e vita sociale), sia in Italia che in altri paesi europei di immigrazione. Nel quarto ed ultimo capitolo (che sto tuttora elaborando) vorrei dar voce direttamente alle seconde generazioni nate dall’immigrazione, e più in particolare a quelle che partecipano al Forum della rete G2, ed è questo il motivo per cui vi scrivo.
Premetto che è da tempo che visito quasi quotidianamente il sito web G2 e vi ringrazio per averlo reso così esauriente tanto da avervi trovato molte risposte di cui avevo bisogno per il mio lavoro. Se siete disponibili, però, vorrei che mi aiutaste ad approfondire altri aspetti che ho trattato lungo la mia tesi, per i quali ritengo utile e fondamentale il punto di vista delle seconde generazioni nate dall’immigrazione. Si tratterebbe di rispondere a qualche domanda attraverso il Forum, spero abbiate tempo e voglia di darmi una mano. Grazie mille!
Irene


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MessaggioInviato: 12 mag 2008, 18:26 
G2 con doppia cittadinanza
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Iscritto il: 28 giu 2007, 22:16
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Località: provincia di Perugia
ecco, ottimo, se le domande e le risposte confluiranno sul forum, resteranno a disposizione anche di tutti gli altri potenzialmente interessati.

Vai pure con le domande, l'oracolo G2 ti risponderà 8)

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MessaggioInviato: 12 mag 2008, 20:03 
Clandestino

Iscritto il: 05 mag 2008, 16:37
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Ciao ahimsa, innanzitutto grazie per avermi risposto!
La prima domanda riguarda il tema della differenza tra prime e seconde generazioni dell'immigrazione: quali sono gli elementi che accomunano e/o distinguono voi (seconde generazioni dell’immigrazione, nate o cresciute in Italia) e i vostri genitori (appartenenti alla prima generazione dell’immigrazione)? Ad esempio, esistono delle aspettative professionali simili? Rispetto ai vostri genitori avete maggiori difficoltà a ricercare e definire una vostra identità, composta di una parte “soggettiva” che caratterizza tutti indistintamente, e di una “culturale” dovuta alla vostra particolare realtà, che viene in parte creata dalla famiglia d’origine e in parte dalla società in cui vivete?


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MessaggioInviato: 15 mag 2008, 11:20 
Clandestino

Iscritto il: 05 mag 2008, 16:37
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Ciao a tutti di nuovo!
Speravo che l'oracolo G2 mi rispondesse, invece niente :( ...mi rendo conto che la domanda sia lunga ed articolata e che un'eventuale risposta richieda tempo, ma per me e il mio lavoro sarebbe utile ed importante il vostro parere al riguardo. Detto questo...pensateci, mi aiutereste davvero :)
Grazie! Irene


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MessaggioInviato: 15 mag 2008, 21:05 
G2 con doppia cittadinanza
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Iscritto il: 28 giu 2007, 22:16
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Località: provincia di Perugia
L'oracolo G2 è mooolto impegnato (così mi ha detto)!
Forse prepara biscotti...

A parte le ca****e, provo a dare qualche risposta.
Innanzitutto non mi aspettavo delle domande così....stupide!
Sì, forgive me but lo devo dire, cerco di essere sincero; forse però sono cose stupide e ovvie per "noi" ma non per "voi" (sempre se il "noi" ed il "voi" abbiano un senso), quindi bypasso questa considerazione.

Irene ha scritto:
La prima domanda riguarda il tema della differenza tra prime e seconde generazioni dell'immigrazione: quali sono gli elementi che accomunano e/o distinguono voi (seconde generazioni dell’immigrazione, nate o cresciute in Italia) e i vostri genitori (appartenenti alla prima generazione dell’immigrazione)? Ad esempio, esistono delle aspettative professionali simili?


Generally talking - eccettuate quelle rare situazioni di non-integrazione dovute a particolari condizioni familiari - le seconde generazioni sono del tutto complementari ai loro omologhi cugini "autoctoni" italiani, quindi le differenze/analogie sono le stesse che ci sarebbero tra un italiano ed un immigrato. Certo, poi bisogna considerare la doppia o plurale appartenenza...

Aspettative di lavoro, questa è proprio stupida, però ci hanno fatto pure una ricerca sopra, quindi prova a leggere questo: viewtopic.php?f=5&t=1111
http://www.irpet.it/index.php?page=agenda&agenda_id=125

Esempio reale: mio padre ha lavorato in un circo, in una stalla ed ora fa il camionista.
Io tra un anno (inshallah) sarò laureato. Il circo ed il camionista lo escludo però la stalla non mi dispiacerebbe :D

Sono "diverso" da un qualunque italiano?

Irene ha scritto:
Rispetto ai vostri genitori avete maggiori difficoltà a ricercare e definire una vostra identità, composta di una parte “soggettiva” che caratterizza tutti indistintamente, e di una “culturale” dovuta alla vostra particolare realtà, che viene in parte creata dalla famiglia d’origine e in parte dalla società in cui vivete?


I nostri genitori, solitamente, non si pongono minimamente il problema dell'identità. Forse non sanno neanche cosa sia...
Per noi è diverso, dato che fin da piccoli tutti fanno a gara a dirci chi siamo : "sei italiano, non sei italiano, se un po' indiano e un po' italiano, sei quasi italiano, sei come un italiano, sei un indoitaliano...". Ognuno di noi ha un percorso differente ed ognuno di noi arriva a conclusioni diverse. In fin dei conti le nostre identità sono "flessibili" e..."le nostre radici sono nell'aria"

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MessaggioInviato: 15 mag 2008, 22:04 
Pds in rinnovo

Iscritto il: 26 mar 2008, 19:52
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Località: cernusco sul naviglio
ci avevo messo ore a rispondere a questo, che quando ho fatto per inserire il messaggio mi ha dato errore...
aaah che pal...le.


cmq concordo con ciò detto dal mio "collega".

cerco di ripondere sulla falsa riga del mio predecessore.

tanto per richiamare all'impostazione della domanda che pone un muro di divisione tra "noi e voi"... cosa che a me non piace per nulla.

andiamo velocemente oltre.

mio padre è muratore ed è stato capocantiere nel mio paese, quindi ha riproposto il suo bagaglio di esperienza.

differenze tra me ed i miei genitori?

molte, oltre il senso di appartenenza che in loro non c'è, o quasi, dovuto a ciò che si chiama sradicamento da una realtà in cui si è inseriti, non devo star qui a spiegare che spesso i motivi di un flusso migratorio non sono programmati " a lungo termine" e che nel breve termine la gente programma la propria vita nel miglior modo possibile.

il mio impegno nel sociale (come credo molti italiani), mi lega molto a questo paese, il mio aver assimilato sapere e cultura.

le persone sono soggette a leve "emotive e comportamentali" molto simili... non capisco perche si debba tener conto di certe distinzioni, che hanno quella traccia di discriminazione ofuscata da cultura.

cmq per dare un contributo. essendo cresciuto qui, ed avendo fatto tutto il percorso formativo, credo che le mie aspirazioni siano simili a qualsiasi altro ragazzo italiano che abbia un'influenza famigliare simile.

le ambizioni sono frutto della soggettività umana, da attitudine, da gusto, da capacità che nulla hanno a che fare con l'essere non italiani.

i miei genitori a stento hanno preso la licenza media (mio padre) e mia madre le elementari, io sono al secondo anno di economia e penso che l'anno prossimo mi iscriverò a sociologia o psicologia...

credo che il discorso identitario dipenda molto dal grado di "sradicamento" sia stato "attuato" sulla persona.. intendo ETà. maggiore è l'età in cui si subisce lo spostamento e ci saranno conseguenze.

quali conseguenze?
le stesse che avresti se ti spostassero in un altro paese per necessità.

domande risposte, spesso si ottengono risultati a farcele da soli.

per ora concludo qui, ho paura che mi faccia lo scherzo di prima.

saluti, a tua disposizione per altri chiarimenti.


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MessaggioInviato: 15 mag 2008, 22:12 
Pds in rinnovo

Iscritto il: 26 mar 2008, 19:52
Messaggi: 164
Località: cernusco sul naviglio
la mia identità...

la diversità fin da piccoli è stata notata, addirittura mi è stato intimato alle elementari (in prima) di lasciare il paese da un altro ragazzino mio compagno di classe...

ricordo ancora il suo nome.

claudio arcoria...


cmq...

nonostante mi sia stato detto "di essere italiano" perche son cresciuto qui, da macellai, da cassiere, da panettieri, da vicini di casa... legge vuole che ciò non mi sia concesso. anche se in parte ho "costruito" marginalmente la realtà che mi corconda con la mia partecipazione in volontariato, politico, io sento di appartenere ad una realtà che non accetta le ragioni per cio io mi sento di aoppartenere.
figlio ripudiato...

ho votato per il mio paese, perche era obbligatorio, del suo sistema elettorale non so nulla, di quello economico poco e niente, di quello sociale, poco o niente, dei suoi problemi poco o niente,del sistema legislativo poco e niente, della cultura poco o niente...


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MessaggioInviato: 15 mag 2008, 22:47 
Pds in rinnovo

Iscritto il: 08 mag 2007, 21:22
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Irene ha scritto:
La prima domanda riguarda il tema della differenza tra prime e seconde generazioni dell'immigrazione: quali sono gli elementi che accomunano e/o distinguono voi (seconde generazioni dell’immigrazione, nate o cresciute in Italia) e i vostri genitori (appartenenti alla prima generazione dell’immigrazione)? ?


I miei genitori avevano molte meno scelte di me, io ho avuto qualche porta aperta in più. Siamo tre fratelli il sottoscritto ha intrapreso una strada completamente diversa, gli altri due invece hanno proseguito su una professione simile a quella dei miei genitori. Ma per loro è stata una scelta, per i miei genitori quasi un obbligo.

Irene ha scritto:
Ad esempio, esistono delle aspettative professionali simili? Rispetto ai vostri genitori avete maggiori difficoltà a ricercare e definire una vostra identità, composta di una parte “soggettiva” che caratterizza tutti indistintamente, e di una “culturale” dovuta alla vostra particolare realtà, che viene in parte creata dalla famiglia d’origine e in parte dalla società in cui vivete?


La mia vita è stata sempre una ricerca della mia identità, mai trovata ed alla fine ho concluso che non è così importante. Io sono me stesso, frutto di contributi diversi e non è così importante etichettare quali siano questi contributi. Ma è stato un percorso lungo e travagliato, sapere che la condivisione delle proprie esperienze può aiutare qualcuno a risparmiarsi alcune delle difficoltà che ho vissuto io è una delle ragioni per cui frequento G2 ed Associna.


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MessaggioInviato: 19 mag 2008, 18:10 
Clandestino

Iscritto il: 05 mag 2008, 16:37
Messaggi: 12
Non definirei le mie domande "stupide", quanto piuttosto "scontate" per voi...e nel "voi" che scrivo ovviamente non c'è traccia di discriminazione o quant'altro, altrimenti non avrei intrapreso questo percorso di studi e soprattutto non dedicherei il mio lavoro finale alle seconde generazioni dell'immigrazione :) . C'è da dire, però, che "voi", diversamente da "me" (e da tanti altri come me con i quali non mi sento di costituire un "noi"), siete portatori di due o più culture diverse, e ciò non può che essere un elemento di ricchezza. Detto ciò, che per me è scontato ma che tenevo comunque a puntualizzare, vi ringrazio innanzitutto per il tempo e la disponibilità che state dedicando. Vorrei aggiungere che l'impostazione delle mie domande dipende dal fatto che l'obiettivo è quello di cogliere il punto di vista delle seconde generazioni del'immigrazione rispetto ad alcune tematiche che sono costantemente presenti nella letteratura nazionale ed internazionale sulle seconde generazioni di origine immigrata e da cui ho estrapolato molto di ciò che è contenuto nella mia tesi. Ad esempio, la questione delle discontinuità cognitive, comportamentali e sociali presenti tra le prime e le seconde generazioni dell'immigrazione ha una sua importanza, tanto che vi sono state fatte delle ricerche (così come mi ha suggerito Ahimsa) e molti autori vi hanno dedicato ampio spazio nei loro testi (parlando, ad esempio, di "integrazione subalterna", riferendosi, più che altro, alle prime generazioni dell'immigrazione)...per me, però, è importante il parere dei diretti interessati, che può costituire o meno una conferma delle teorie e degli esiti delle ricerche dei vari studiosi.
Desidero cogliere il punto di vista personale di ognuno di voi e posso farlo solamente attraverso delle domande che hanno un po' le sembianze di un'intervista...spero non vi dispiaccia e se avete ancora tempo e voglia di rispondere, ecco la seconda domanda:
La differenza culturale e/o religiosa e/o etnica (in senso "estetico") rappresenta per voi un vincolo e/o un’opportunità? Cioè, può costituire un ostacolo alla vita quotidiana a causa di differenziazioni subite perché, ad esempio, possedete tratti somatici non propriamente “occidentali”, avete un cognome straniero o appartenete a una religione diversa da quella maggiormente diffusa in Italia? E se costituisce un ostacolo, in quali contesti è maggiormente riscontrabile? Può, invece, trasformarsi in opportunità, per esempio assumendo visibilità nella società o ruoli importanti nello spazio pubblico? E quali sono i fattori che incidono sulla “differenza” come opportunità? Ad esempio, i contesti in cui interagite? Le risorse che avete a disposizione, come quelle economiche, il capitale familiare (come il sostegno psicologico e materiale dei vostri genitori), il capitale culturale (come un livello di istruzione alto), il capitale sociale (come le relazioni sociali intessute)?

P.S. Jean, che origini hai?
P.P.S. Mi sapreste dire dove posso trovare informazioni sul portavoce della rete G2 Mohamed Tailmoun?

Grazie mille, Irene.


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MessaggioInviato: 20 mag 2008, 21:41 
G2 con doppia cittadinanza
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Iscritto il: 28 giu 2007, 22:16
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Irene ha scritto:
Non definirei le mie domande "stupide", quanto piuttosto "scontate" per voi


Si penso che tu abbia ragione, sono domande scontate, non stupide.

Irene ha scritto:
Ad esempio, la questione delle discontinuità cognitive, comportamentali e sociali presenti tra le prime e le seconde generazioni dell'immigrazione ha una sua importanza


Queste discontinuità cognitive - secondo il significato che credo tu intendessi dare - ci sono eccome, e pesano davvero molto. I contesti dai quali le seconde generazioni entrano ed escono ogni giorno sono davvero molto diversi e spesso impermeabili l'uno all'altro; è come passare da un continente ad un altro nel giro di pochi minuti, entrando o uscendo da una porta; bisogna essere dei Clark Kent 8)

E non è sempre agevole essere coscienti di venire da un altro pianeta (o sapere di averci qualcosa a che fare). Gli sguardi della gente sono la kriptonite che atterra, sono sguarda estranianti (neologismo mio?), escludenti, e davanti a quei sguardi a volte diventi estraneo perfino a tè stesso. [Perdona le metafore da fumetto]

Irene ha scritto:
La differenza culturale e/o religiosa e/o etnica (in senso "estetico") rappresenta per voi un vincolo e/o un’opportunità? Cioè, può costituire un ostacolo alla vita quotidiana a causa di differenziazioni subite perché, ad esempio, possedete tratti somatici non propriamente “occidentali”, avete un cognome straniero o appartenete a una religione diversa da quella maggiormente diffusa in Italia?


Io vengo da una famiglia Sikh, non molto ortodossa ma credente.
Fino a 14 anni avevo i capelli lunghi (fino al sedere!) che tenevo legati in un turbante. Per fortuna non mi sono mai trovato in episodi di "palese" disciminazione, ma ogni giorno dovevo soppormi ai c.d. "sguardi estranianti", di frequente venivo scambiato per una ragazza (in famiglia ridevamo di questo:"quando ti dicono che sei una ragazza tu abbassa i pantaloni" :D), le battute erano delle più fantasiose, a pochi interessava capire cosa significava portare i capelli in quel modo...
Quindi ho deciso di tagliarli, malgrado i miei non ne fossero entusiasti.
La differenza culturale non rappresenterebbe un ostacolo se gli altri fossero altrettanto disposti ad apprendere qualcosa da te, quanto lo sei tu disposto ad apprendere da loro: in questo modo la differenza sarebbe una opportunità per entrambi. Per me non è stato così, per me la differenza è stata un peso, del quale ho scelto di liberarmi (ed ho avuto la possibilità di farlo...molti non ce l'hanno).

Irene ha scritto:
Può, invece, trasformarsi in opportunità, per esempio assumendo visibilità nella società o ruoli importanti nello spazio pubblico?


Si, talvolta può essere una opportunità, ma devi avere una marcia in più, perchè parti da molti gradini più in basso, e spesso il tuo armamentario non è per nulla paragonabile a quello dei tuoi concorrenti: vai in seicento quando gli altri corrono in ferrari (parlo di diritti ovviamente....cittadinanza in primis).


Spero di aver risposto in parte ad alcuni tuoi interrogativi.

ps: come qualcuno ha già sottolineato, tutto ciò che viene detto qui ed in questa sezione è da addebitarsi al singolo utente giduino e non alla Rete G2; io parlo per me, delle mie esperienze, dei miei punti di vista, che non sempre collimano con quelli degli altri (e direi per fortuna :!: ).

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MessaggioInviato: 22 mag 2008, 13:44 
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Località: cernusco sul naviglio
mi piace la piega data..

vediamo.

anche se posso "intuire" i motivi demografici che ti spingono a sapere la mia "appartenenza" geografica, mi piacerebbe sapere il perche e quali "risposte" ti sei data alla domanda postami.

sono nato in perù nel bellissimo giorno 12 del mese di gennaio del 1986.

la differenza "estetica", rappresenta per la maggior parte dei casi una difficoltà. cerco di lasciare le porte aperte ad una possibile interpretazione positiva di ciò, anche se nel mio vissuto, il mio essere non occidentale mi ha portato solo sorrisini e stupore per il "come parli bene".


posso dirti che molto dipende dalla capacità di "noi" di saperci porre verso l'esterno.
la capacità di poter essere "propositivi" "assertivi", il nostro riuscire a far tornare l'attenzione sul reale "problema" della mia interlocuzione.

porto esempio ultimo ufficio comunale, dove la segretaria stava assumento un atteggiamento ostile nei miei confronti per una mia mancanza nella presentazione di un documento per la residenza (avevo la fotocopia e non l'originale), ho saputo ribaltare la situazione riuscendo a poi finire con qualche sorriso ed un chiarimento dei "perche", la stessa cosa ha fatto mio fratello che non brilla per "espressione verbale", ed a lui sono sembrate "scortesi".

molto peso assume la possibilità di distogliere la persona dall'attenzione che pone sull'appartenenza etnica.

il mio cognome alle elementari è stato storpiato, alle medie raramente.

in contesti passatemi il termine "alternativi", con persone con un grado di apertura mentale maggiore, non si ha un "vantaggio", bensi si ha il piacere di giocare ad armi pari.

ovvio e naturale, partire con il pregiudizio (non per forza negativo), vedendo uno straniero o un presunto tale, se abbia difficoltà a comunicare. questo è scontato e forse da non criminalizzare, una sorta di senso di solidarietà di fronte ad una difficoltà presunta.

ricordo una volta in cui ero ad una riunione di non ricordo cosa, c'era una persona che non mi conosceva, un ragazzo ad un certo punto mi dice "ma forse lui ne vuole un po'", si riferiva credo a qualche bibita sul tavolo (ed io gli risposi prontamente)...

tanto per dire che non avendomi sentito parlare aveva presunto che non sapessi perfettamente comunicare.

nulla di male in questo il problema è da sottolineare quando il senso di "aiuto" viene sostituito da un senso di superiorità, come se si dovesse essere in grado di parlare in modo perfetto "senza se e senza ma".. (si devono adattare, son venuti qui e non siamo noi a dover imparare altre lingue, sono oro che devono imparare bene la nostra se vogliono vivere qui)...

lascio senza commento la frase in parentesi.

per mia "fortuna", sono cresciuto lontano da uno stato, il mio che per costituzione è espressamente cattolico, in cui viene posto il rispetto per dio, il suo onorare... e non mi dilungo.

parlo cosi perche ho un senso fortemente laico, e mi sento più italiano di chi da estremista religioso richiama al rispetto delle leggi dello stato -.-''.

e nonostante ci possano essere problemi a livello legislativo di conflitto tra "fonti" (ricordo qualcosa del genere..), io conosco la costituzione italiana.
cosa triste, ho chiesto ad alcuni cugini che in età "avanzata" sono arrivati in italia, se conoscessero la costituzione peruviana...

se delusione è il mio sentimento, il motivo è ovvio.

aaaah il capitaaaale famuigliaaare.
sostegno della famiglia?

beh.. mio padre mi ha detto che se voglio studiare e non perdo tempo in "****", mi paga gli studi fino alla morte..

spero di non arrivare fino a quel punto.

ma se da questo punto di vista ho le "spalle coperte", per cose più pratiche come per esempio "affrontare una malattia".. mio padre ha la concezione della vergogna.
nel senso che è vergogna far vedere che si è malati.
qualcosa di simile ai giapponesi (scusate se sbaglio, forse è un luogo comune), nel dichiararsi sempre occupati (nel lavoro), perche definirsi disoccupati sarebbe fonte di imbarazzo e vergogna.
parlando con le mie differenti fidanzate, che aimè sono praticamente sempre state italiane, ho riscontrato una "radice" culturale simile.. cioè, i loro "nonni" avevano una simile concezione di famiglia.

patriarcale, con relazioni famiglia mondo esterno simili alla mia attuale "famiglia".


per concludere, l'ignoranza altrui ha reso la mia lingua ricercata. cosa voglio dire.
i ragazzini e le ragazzine, quando hanno cominciato a capire che il mio bagaglio culturale "lingua", era un vantaggio hanno cominciato a chiedermi come si dicesse questo o quell'altro, tanto per fare i "fashion".


per ora non ho subito violenze dirette a parte alle elementari dove un ragazzino mi ha pestato davanti a tutti i miei compagni di classe quando uscivamo dal bagno perche mi son permesso di rimproverargli il suo "schizzarmi d'acqua attraverso le sue mani bagnate".. ed un'altro episodio alle medie quando un idiota era entrato in classe con un rotolo di giornale a tirarlo in testa a chi gli girava, fatto a me avevo protestato, mi ha spinto con sedia e tutto per terra e nell'incapacità dei miei compagni di classe mi è saltato addosso letteralmente.

sono un "non violento". ho imparato a gestire la mia rabbia. quando ero piccolo ero piuttosto violento, ed ho imparato da solo a superare quella fase.

ho fatto boxe, taekwondo bla bla bla.. arti marziali e gare, tanto da poter dire di non aver paura di "far a botte".

preferisco il confronto verbale e la violenza verbale a quella fisica ;).


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MessaggioInviato: 22 mag 2008, 13:57 
Pds in rinnovo

Iscritto il: 26 mar 2008, 19:52
Messaggi: 164
Località: cernusco sul naviglio
tanto per affermare che gente di determinati schieramenti sono mentalmente chiusi, oggi a forum, una signora non voleva che dei cittadini extracomunitari, ma con regolare permesso di soggiorno potessero seguire dei corsi serali di istruzione perche "portatori di malattie", e che bisognava disinfettare la sera prima che i ragazzini il giorno dopo entrassero.

tra le malattie che i regolarmente residenti avevano secondo la signora, diceva "colera, lebbra... e che avendo costumi differenti, avevano l'abitudine di sporcare.. "...

sappiamo bene chi vota la signora.

ricordiamoci borghezzio sul treno credo prima di essere pestato, o in qualche occasione simile, si eramesso a disinfettare dei sedili di un treno dove precedentemente ci era seduta una signorina di colore. "sto disinfettando non vede, è pieno di germi"..

già chissa come mai solo dopo aver "riscattato il suo posto prenotato occupato abusivamente da una ragazza che stava parlando comodamente con una sua amica.


saluti e scusate l'ot


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MessaggioInviato: 25 mag 2008, 00:48 
ciao, provo a risponderti, parlandoti di me..sono solo un singolo utente giduino

La prima domanda riguarda il tema della differenza tra prime e seconde generazioni dell'immigrazione: quali sono gli elementi che accomunano e/o distinguono voi (seconde generazioni dell’immigrazione, nate o cresciute in Italia) e i vostri genitori (appartenenti alla prima generazione dell’immigrazione)?

I miei genitori se non avessero i figli che si sentono italiani perché sono integrati tornerebbero nel loro paese d'origine. Noi figli non torneremmo da nessuna parte, perché riteniamo questo il nostro paese.


Ad esempio, esistono delle aspettative professionali simili?

I miei genitori sono laureati e noi figli anche. Nessuno ha fatto un mestiere "da immigrato". Il tipo di professione è diverso perché siamo persone distinte con desideri e interessi diversi, ma le aspettative sono altrettanto alte ai nostri genitori.

Rispetto ai vostri genitori avete maggiori difficoltà a ricercare e definire una vostra identità, composta di una parte “soggettiva” che caratterizza tutti indistintamente, e di una “culturale” dovuta alla vostra particolare realtà, che viene in parte creata dalla famiglia d’origine e in parte dalla società in cui vivete?

nessuna difficoltà.


La differenza culturale e/o religiosa e/o etnica (in senso "estetico") rappresenta per voi un vincolo e/o un’opportunità?

non sento una particolare differenza culturale e/o religiosa, non più di quella che c'è fra un calabrese e un abruzzese. Tutto è relativo. Ho trovato tantissime persone "italiane" simili a me. Nessun vincolo e nessuna opportunità.

Cioè, può costituire un ostacolo alla vita quotidiana a causa di differenziazioni subite perché, ad esempio, possedete tratti somatici non propriamente “occidentali”, avete un cognome straniero o appartenete a una religione diversa da quella maggiormente diffusa in Italia?

Non ho tratti somatico diversi dall'italiano e gli ostacoli non derivano principalmente da chi non è capace a pronunciare un cognome. Gli ostacoli principali sono quelli di limitazione delle libere scelte, come la scelta del lavoro, viaggiare per lavoro, possibilità di fare corsi e ricoprire certi ruoli.

E se costituisce un ostacolo, in quali contesti è maggiormente riscontrabile?

concorsi pubblici, borse di studio, colloqui di lavoro, tipo di contratto utile per il permesso di soggiorno, esperienza all'estero (mi dicono che sto già facendo l'esperienza all'estero, ossia in Italia), insomma cose del genere.

Può, invece, trasformarsi in opportunità, per esempio assumendo visibilità nella società o ruoli importanti nello spazio pubblico?

Non credo. Se ci si sente italiani e si fanno scelte di vita sentendoci italiani, non per forza si deve lavorare nell'ambito dell'immigrazione o simili.

E quali sono i fattori che incidono sulla “differenza” come opportunità? Ad esempio, i contesti in cui interagite? Le risorse che avete a disposizione, come quelle economiche, il capitale familiare (come il sostegno psicologico e materiale dei vostri genitori), il capitale culturale (come un livello di istruzione alto), il capitale sociale (come le relazioni sociali intessute)?

Semmai il capitale sociale, ma uguale agli italiani di mente aperta.

spero di esserti stata utile :)


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MessaggioInviato: 26 mag 2008, 15:40 
Clandestino

Iscritto il: 05 mag 2008, 16:37
Messaggi: 12
Ciao, ancora grazie a tutti! Le risposte che ciascuno di voi ha dato costituiscono punti di vista molto diversi rispetto alle tematiche proposte in quanto strettamente legati a voi e alle vostre esperienze di vita, ed è esattamente ciò che sto cercando per il mio lavoro.
Apro una breve parentesi per Jean: aver chiesto le tue origini non alcuna motivazione demografica :) ...molto più semplicemente vorrei farmi un'idea quanto più "precisa" (nei limiti delle possibilità offerte dal sistema telematico :!: ) delle persone con cui sto interagendo! Purtroppo non ho ancora la capacità di indovinare l'appartenenza geografica avendo così pochi indizi alla mano e non conoscendo la persona direttamente :!: infatti, consoscendo solo il tuo nome, avrei detto che hai origini francesi (in senso ampio ovviamente, includendo ex colonie), ma ho sbagliato alla grande :D
Torniamo a noi...vi propongo una serie di domande (non spaventatevi se risultano lunghe ed elaborate!) che, in realtà, sono legate a un unico tema: il rapporto tra le seconde generazioni dell'immigrazione e l'istituzione scolastica italiana:
*Secondo voi, quali sono i fattori che influiscono/hanno influito sui vostri esiti e percorsi scolastici? Il capitale umano dei vostri genitori (come il loro livello di istruzione o le loro abilità e competenze professionali)? Il capitale sociale (ovvero l’insieme di quelle risorse relazionali, fiduciarie o materiali a cui si può attingere nell’ambito delle reti sociali a cui si appartiene)? Il bilinguismo? La qualità della scuola? La composizione della classe di inserimento? Il rapporto con compagni e insegnanti?
*Attraverso diverse indagini, è emerso che la maggior parte degli studenti (di origine immigrata e non) condivide l’idea di una scuola “meticcia”, ovvero aperta alle molteplici tradizioni culturali, etnico-nazionali e religiose. Condividete questa posizione? Se sì, quali sono secondo voi i maggiori ostacoli (dal punto di vista legislativo, formativo e metodologico) posti alla realizzazione di una scuola di tutti e aperta a tutti? E le principali opportunità da cogliere? A questo proposito, esistono degli errori da evitare o dei principi da seguire da parte degli insegnanti e di coloro che producono programmi e politiche scolastiche?
*Molti studiosi hanno trattato la questione della difficoltà di inserimento scolastico dei ragazzi di origine immigrata e hanno individuato tre tipi di risposta a questa necessità:
- assimilazione (secondo cui la scolarizzazione si limita alla lingua e alla cultura maggioritaria, invitando i ragazzi ad abbandonare la propria cultura d’origine, vista come un ostacolo da superare attraverso appositi interventi formativi);
- ghettizzazione (che presuppone una presunta incompatibilità tra le diverse culture, pertanto sostiene una loro separazione e un pluralismo culturale);
- interculturalismo (che ha l’obiettivo di creare una scuola capace di garantire la più ampia pluralità, attraverso il reciproco arricchimento prodotto dall’incontro tra culture diverse.
Secondo voi, quali di queste tre opzioni riflette maggiormente la realtà scolastica italiana da voi vissuta?
*Quali fattori hanno influito sulle vostre scelte relative ai diversi percorsi della scuola secondaria superiore? La classe sociale di appartenenza? Il capitale culturale dei vostri genitori? Il genere? La vostra storia individuale (che considera la lunghezza della permanenza nel caso in cui non siate nati in Italia o la vicinanza alle aspettative e alle prospettive dei ragazzi italiani da generazioni, se invece siete nati in questo paese)?

Grazie per la vostra disponibilità, Irene.

p.s. Maganò, quanti anni hai e a quale età sei giunta in Italia? Quali sono le tue origini? Non mi sembra che ciò compaia nella sezione dedicata alle presentazioni. Grazie.


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MessaggioInviato: 30 mag 2008, 08:56 
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vediamo.. di rispondere.

sui miei esiti scolastici "iniziali" i miei genitori non hanno influito in alcun modo.
mia madre lavorava fino a tardi ed io la aspettavo al doposcuola fino alle 18 o le 17, mio padre in quel periodo non era a mio fianco.

quindi ho fatto le elementari con l'aiuto di me stesso e dei miei professori.
il professore che più si è impegnato era quello di italiano, che attraverso un dizionario cercava di parlarmi, mi portava durante le ore di matematica con lui e mi faceva leggere un libro e mi diceva che se trovavo una parola che non capivo di chiedergliela.
questo dopo qualche settimana finì perche vedeva che stavo imparando velocemente a parlare e cosi ripresi le lezioni.

come ho detto mia madre ha avuto le elementari e mio padre le medie. sul mio percorso formativo e sulle mie scelte non hanno influito, anche se avrebbero voluto e questo a loro pesa molto, mi dicevano "studia tesoro, cosi quando tuo figlio ti chiederà qualcosa, sarai capace di aiutarlo"...

il capitale umano dei miei genitori se non era nello studio che influivano era nel loro affetto, soprattutto quello di mia madre, che con le parole sopracitate descrive la profondità di quello che lei sentiva.

le "reti sociali" si sono basate sulle amicizie di mia madre che col tempo iniziava a tessere, amici fidati, altre famiglie nella nostra situazione con cui si famigliarizzava, ma a mio parere era marginale, il "capitale sociale" attenuava, una situazione di disagio che spesso si poteva venire a c reare, e qui potremo parlare di dove si posizionano i limiti del "capitale umano" e sulla sua entità, ma credo di non essere la persona adatta ad avanzare ipotesi.

il bilinguismo mi è stato utile soltanto quando ho dovuto affrontare gli insegnamenti di francese e spagnolo, avendo una base di "parole" a me note, potevo derivare prima di altri il significato di quelle francesi da un incrocio tra italiano e spagnolo, ovvio non in tutto, ma la formazione delle frasi ecc.. mi era "più" immediata.

la qualità della scuola. non so come giudicare quelle elementari, direi bene dato che ho avuto quel sostegno da parte dei "maestri".

il rapporto con insegnanti e compagni...

qui possiamo aprire una parentesi molto grande, in cui metterci soggettività a chili.
alle elementari legai molto con ragazzi che in qualche modo avevano vissuto un flusso migratorio da sud a nord o da francia a italia...

fondamentalmente con loro, vuoi perche avevamo qualcosa in comune, vuoi perche i loro genitori erano più sensibili e "incitavano a "...
fatto sta che fino alle elementari questo fu il mio giro di amici. erano italiani ma "stranieri" in quella città.
o ragazzi che nonostante fossero italiani, milanesi, avevano la pelle più scura per genitori provenienti da regioni del sud italia.
con gli altri ebbi un rapporto marginale. non si andava oltre, non si superava un muro che non capisco da cosa fosse formato.

forse molto dipendeva dalle "possibilità" e da quello che qualcuno chiama "vita materiale".

il periodo delle elementari è cosi quindi descritto.

alle medie, tracollo il primo anno, mi iscrivo ad una classe sperimentale con doppia lingua.
una professoressa, non so quante, adoperano quello che ora posso definire "metodo delle aspettative adattive", tanto per collegarmi ad economia.
il voto che noi prendevamo dipendeva da quelli precedenti, se il "trend" era positivo, un compito da 4 veniva alzato a 6 , viceversa, se il trend era negativo, un compito da 6 diventava 5 o 4 in base ai voti precedenti.

immaginate voi la difficoltà di rimediare ad un periodo andato male...

ad un certo punto mi sentii abbandonato, vuoi perche avevo quel periodo strano, non studiavo, e quando studiavo non potevo dimostrarlo, prendevo sempre note, e non ricordo bene il motivo, forse per compiti non fatti...

fatto sta che quando volli riprendermi, i professori avevano già deciso di lasciarmi in prima, e nonostante mi ritrovassi nella stessa situazione di altri ragazzi italiani, venni lasciato per ultimo, senza possibilità di rimediare, studiavo, ero pronto, la professoressa il gg prima aveva detto che mi interrogava per recuperare e poi.. niente.

ricordo lo stupore dei miei compagni, perche tra quelli che era in dubbio secondo loro ero quello più meritevole di una opportunità, perche vedevano cosa cercavo di fare..

le buone intenzioni possono diventare "fatti" solo se le si permette di poter essere "attuate".

cambiando scuola, quel muro iniziale era sempre evidente...

vabbè dai non voglio credere perche ero scuro di pelle che loro nel loro immaginario mi identificassero immediatamente come "diverso"... ovviamente si lega con "maschi", si gioca, si scherza ma tutto si conclude a scuola per me...

aaah ricordo un aneddoto in cui discussi con la professoressa di lettere.
sul libro di testo di storia c'era scritto che la resistenza venne a formarsi solo una volta che gli americani iniziarono la risalita, e nelle zone in cui gli americani non erano arrivati, i partigiani non erano presenti, la cartina mostrava giusto che oltre una certa linea, le "macchie rosse" che identificavano i gruppi di resistenza, non erano presenti.
io mi ero impuntato a voler dimostrare che ciò non era vero, lo avevo sentito dire, lo avevo visto in tv... non riuscivo anche a credere che la resistenza fosse dipendente da la variabile esogena "americana"... no, no no no no e no. il senso di ripudio di quella dittatura era presente anche dove la cartina diceva che non c'era, e gruppi organizzati o no erano presenti di certo, sapevo delle ripercussioni, le staffette partigiane.. tutto non era possibile che "nascesse" solo dopo la liberazione...

no, ciò che diceva il libro era sbagliato, ciò che diceva la professoressa era sbagliato, fecimo un compito su quelle 2 paginette e quello che prese un voto negativo ero io, l'unico perche non mi ero adattato.
il mio protestare era stato visto male dai miei compagni di classe (ero in terza media), "ma che dici jean guarda la cartina".


per ora finisco qui, sono abbastanza stanco. spero di esserti stato utile.


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