“Secondi a nessuno” – Le storie di luglio 2009

Gli articoli a seguire sono stati pubblicati in anteprima su “Secondi a Nesssuno” (numero luglio 2009) rubrica mensile curata dalla Rete G2 ( www.secondegenerazioni.it)  sulla rivista giovanile Topgirl. Sono i figli degli immigrati. La cosiddetta seconda generazione. Un milione di ragazzi nati o cresciuti in Italia, ma originari di Asia, Africa, Europa, America. A Topgirl raccontano frammenti di una quotidianietà non troppo ordinaria. “Secondi a nessuno” terrà compagnia alle lettrici e lettori di Topgirl per tutta l’estate fino a settembre (numero “ottobre 2009″), mese di riapertura delle scuole.

Poi un giorno mi presero le impronte digitali

“Mi chiamo Zhanxing, ho 20 anni e sono cresciuta a Follonica, in provincia di Grosseto. Ora studio a Roma e all’università mi prendono in giro per le “c” aspirate che ogni tanto mi scappano. Se i miei tratti somatici non mi tradissero, nessuno mi chiederebbe: “ma tu sei cinese”? Sì, lo sono ma sono anche italiana, anzi, forse più italiana che cinese. È una cosa difficile da definire perché la mia identità è in continua evoluzione. Si nota anche dalle conversazioni telefoniche: comincio con “wei” (pronto in cinese) e termino con “ciao”, dopo aver mischiato il dialetto, l’italiano e il mandarino. La mia è una vita qualunque se non fosse che una mattina di cinque anni fa mi hanno preso le impronte digitali in Questura. Era una novità, inchiostro nero indelebile sulle mani e poi giù a premere sulla carta, un gioco molto divertente. Oggi, con un’altra coscienza capisco che le impronte vengono prese solo ai criminali e mi domando se non ci sia stato qualcosa di sbagliato. E poi a 18 anni, quando gli amici sono andati a ritirare la tessera elettorale al Comune, improvvisamente mi sono accorta di non avere il diritto di votare. Né di partecipare ai concorsi né di spostarmi liberamente e mi chiedo perché devo essere costretta a fare interminabili file per chiedere il permesso di soggiorno nel paese in cui sono cresciuta? Perché il mio paese mi considera straniera? Me lo chiedo ancora.”

La mia casa è una Babele

“Mi chiamo Ian, ho 18 anni, sono uno dei tanti pendolari che la mattina si attarda nel dribblare altri pendolari. Chi vive a Roma, in questa mia grande città, può capire cosa intendo. Una spietata lotta per ritagliarsi quel centimetro cubo di spazio che ti permetterà di stare stretto nella metro come le acciughe in un barattolo. E poi scuola, amici, professori, insomma la mia vita. Anzi, una parte della mia vita. Torno a casa assieme a mia sorella, e sento mia madre parlare al telefono: “Hello? Who is speaking?”, poi subito “Sì, te la passo”. E si rivolge in luganda a mia sorella dicendole a mezza voce “È simù yò (è per te)”. Ecco, questa è casa mia. Un crocevia delle lingue più diverse. Dentro quelle quattro mura i miei genitori mischiano il luganda, la lingua principale del mio paese, l’Uganda, il lusoga, uno dei dialetti, oltre ovviamente all’italiano. Quel paese l’avrò visto due volte in vita mia. Non so la lingua di laggiù. So capire un po’ di tutto, ma a parlare nemmeno per sogno. So solo l’italiano, e rispondo ai miei genitori sempre in italiano. Non perché lo abbia voluto. È una casualità, tutto qua. Potrei fare confusione, insomma le lingue sono tante. Ma una cosa è certa. Sento qualcosa che mi lega all’Uganda nel profondo, anche se qualcuno potrebbe non capirlo fino in fondo…”

Secondi a nessuno – versione pdf scaricabile