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Il terrorismo made in "IL GIORNALE" https://www.secondegenerazioni.it:80/forum/viewtopic.php?f=5&t=2724 |
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Autore: | j@strasmigrante [ 29 dic 2009, 19:53 ] |
Oggetto del messaggio: | Il terrorismo made in "IL GIORNALE" |
Cita: Immigrati, ricetta di finiani e Pd: passaporto italiano in svendita Un emendamento bipartisan vuole concedere il voto a tutti gli studenti stranieri. Il virus del terrore fatto in casa : scovati 106 estremisti di Antonio Signorini Roma - Meno anni per ottenere la cittadinanza italiana e passaporto concesso in automatico ai figli degli immigrati che frequentano le scuole patrie. Sono questi i cardini della proposta bipartisan sull’immigrazione, il terreno sul quale si sono incontrati parlamentari finiani e del Partito democratico. Cambiamenti arrivati sotto forma di emendamenti ad un disegno di legge che porta il timbro Pdl, prima firmataria Isabella Bertolini, che prevede un percorso preciso per diventare italiani. Il disegno di legge prevede che ci vogliano dieci anni in tutto. Otto di attesa e altri due durante i quali si devono frequentare dei corsi di storia e cultura italiana ed europea. La proposta bipartisan mira ad allargare i cordoni rispetto a quella della maggioranza. A prendere l’iniziativa politica per è stato il finiano Italo Bocchino, che ha chiesto la convergenza di altri gruppi parlamentari. Fini si era espresso mesi prima, in un incontro tra la sua fondazione FareFuturo e la dalemiana ItalianiEuropei. Il presidente della Camera fece un riferimento preciso al riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati. Dalla teoria ai fatti: Fabio Granata (deputato Pdl, vicino a Fini) e Andrea Sarubbi, che invece è del Pd, hanno presentato otto emendamenti che puntano, in primo luogo, a dimezzare i tempi, da 10 a 5 anni, e a concedere la cittadinanza ai figli di immigrati o ai minori stranieri che frequentano le scuole almeno fino alle medie. Cambiamenti radicali. Ancora più «avanzati», secondo la maggioranza, rispetto a quelli chiesti dal Partito democratico e nelle altre dodici proposte che giacciono in Commissione. In ballo non c’è solo l’accorciamento di un termine burocratico, quanto i principi stessi sulla base dei quali si concede il passaporto italiano. «Si parla di cittadinanza di qualità e siamo tutti d’accordo», spiega la Bertolini, «ma nella proposta bipartisan c’è una contraddizione enorme. Giusto dire che la cittadinanza deve essere legata a un atto di volontà, chi la chiede deve dimostrare di volere veramente appartenere a questa nazione, deve assorbirne la cultura e le tradizioni. Ma se questa scelta deve essere consapevole non può che farla un adulto». Tra i punti più critici degli emendamenti finiani-Pd c’è quindi quello della cittadinanza riconosciuta automaticamente ai bambini che sono nati all’estero, ma hanno fatto le scuole in Italia, salvo poi lasciargli diritto di ritornare a quella di origine quando compiranno 18 anni. «Sembra un po’ un’imposizione. Con una norma del genere, ci ritroveremo con famiglie di immigrati con i genitori che, magari, vogliono mantenere orgogliosamente la cittadinanza d’origine e figli che diventano italiani loro malgrado». Casi di scuola? No. Anche con la normativa in vigore si presentano casi simili. La Bertolini ricorda quello del ragazzo nato da genitori somali, e quindi con la cittadinanza italiana, che a 19 anni è stato spedito dalla famiglia nella terra d’origine a combattere con i fondamentalisti islamici. Senza contare - spiega - che per i figli degli immigrati non cambierebbe niente in concreto. I diritti sociali valgono anche per gli stranieri; la cittadinanza si traduce soprattutto nel diritto di voto, che, comunque, i minorenni non possono esercitare. Di queste contraddizioni - assicura la Bertolini che è relatore della riforma - si sono accorti anche i promotori degli emendamenti. E tutti sanno che bisognerà cercare un compromesso. Ad esempio, si potrebbe prevedere che i figli di immigrati, nati all’estero, possano ottenere la cittadinanza quando hanno frequentato le scuole italiane, ma solo quando hanno raggiunto la maggiore età. Un po’ come succede adesso per chi nasce in Italia da genitori stranieri. Il problema è ben presente anche al ministro della Difesa Ignazio la Russa che ha proposto di concedere la cittadinanza ai bambini al termine delle elementari, ma solo «con l’assenso dei genitori». Quindi non automaticamente. Per il Pdl, in generale, è importante capire che il punto non è tanto ottenere la cittadinanza. Il passaporto italiano non può diventare uno status. Il punto è integrare i cittadini stranieri che decidono di diventare italiani a tutti gli effetti. Se ne sono accorti in Inghilterra, patria del ragazzo che ha tentato di fare una strage a Detroit. Se ne sono accorti i tedeschi, che stanno affrontando il problema delle «terze generazioni» di immigrati turchi. Cittadini tedeschi a tutti gli effetti che però parlano esclusivamente la lingua dei nonni. E anche i francesi, che si sono ritrovati una mezza rivoluzione nelle periferie delle metropoli. A dare alle fiamme le banlieue non sono stati cittadini del nord Africa. Sono stati francesi, stranieri in patria. Fonte: http://www.ilgiornale.it/interni/immigr ... comments=1 |
Autore: | j@strasmigrante [ 30 dic 2009, 01:45 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Il terrorismo made in "IL GIORNALE" |
Cita: "Per il Pdl, in generale, è importante capire che il punto non è tanto ottenere la cittadinanza. Il passaporto italiano non può diventare uno status." Cosa vuol dire questa frase? Prosegue così: Cita: Il punto è integrare i cittadini stranieri che decidono di diventare italiani a tutti gli effetti. Ora avete capito cosa intendeva dire? Io NO!!! Ed illudendomi di aver capito potrei replicare che l'integrazione passa anche attraverso la condivisione di uno status, quello di cittadini, lo status civitatis, cui sono legati diritti civili, politici e sociali, diritti (alcuni, non tutti, ma non per questo meno importanti!) dai quali gli immigrati ed i loro figli sono escluse per un periodo indefinito. Se escludi queste persone dalla cittadinanza le escludi dal sentirsi pienamente italiani, poiché non hanno gli stessi diritti degli italiani oltre ad avere il passaporto di un altro paese; per i figli di immigrati questo è ancor più assurdo in quanto si trovano ad essere "cittadini" (avendone il passaporto) di un paese che non conoscono, di cui spesso non parlano neanche la lingua e nel quale a volte non sono mai stati, mentre allo stesso tempo sono non-cittadini del paese in cui vivono, del quale condividono usi e costumi, del quale parlano la lingua, studiano la storia e la letteratura, del paese che sentono loro paese. Ovviamente ciò avviene con delle sfumature perché l'identità non segue una sola direzione, ma la stessa è senz'altro influenzata - secondo me in modo pesante - dalle idenità imposte a livello sociale, dalle etichette di "immigrato" e "straniero" appiccicate anche a giovani nati in questo paese o qui acculturati. E se non li integri (anche) con la cittadinanza (perché senza NON è possibile), allora come li integri?????? Cita: Se ne sono accorti in Inghilterra, patria del ragazzo che ha tentato di fare una strage a Detroit .Era un cittadino nigeriano, ed il Regno Unito (doveva aveva studiato) gli aveva pure rifiutato il visto d'ingresso perché aveva dichiarato di essere iscritto ad una scuola che non esisteva. Cita: Se ne sono accorti i tedeschi, che stanno affrontando il problema delle «terze generazioni» di immigrati turchi. Cittadini tedeschi a tutti gli effetti che però parlano esclusivamente la lingua dei nonni. Ma come si fa a dire una simile falsità? Come si fa a vivere per tre generazioni in Germania senza conoscere il tedesco? La scuola dell'obbligo c'è anche in Germania! Questi eccessi di fantasia non giovano alla professione giornalistica! Cita: E anche i francesi, che si sono ritrovati una mezza rivoluzione nelle periferie delle metropoli. A dare alle fiamme le banlieue non sono stati cittadini del nord Africa. Sono stati francesi, stranieri in patria. Cosa c'entra questo con la proposta di modifica della legge sulla cittadinanza? Cosa dovevano fare i francesi? Rispedire al loro paese i nonni? O costruire Cpt-Cie tre generazioni fa? Ai francesi non è passato neanche lontanamente per la testa di rivedere le norme sulla cittadinanza, che sò, proponendo di toglierla a chi era diventato francese perchè nato in Francia quanto costui non "dimostrava" di essersi integrato. Ed integrato in cosa poi? Secondo quali parametri? La Francia invece ha sindaci e ministri di origini straniere, anche arabo-musulmane, ed ha un presidente di origini ungheresi. Se ne sono accorti tutti, solo non se n'è accorto il signor Feltri ed i politici di cui rappresenta la penna mediatica. |
Autore: | clandestino [ 30 dic 2009, 11:23 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Il terrorismo made in "IL GIORNALE" |
é allucinante il ragionamento di Feltri e io non mi stupisco per niente. D'altronde ormai è cosa nota a tutti che il Giornale è diventata un'arma contro chi la pensa diversamente dentro e fuori la maggioranza del governo. Feltri sa benissimo che quello che scrive non corrisponde a verita, cosi come sapeva nel caso Boffo, cosi come sapeva nella pubblicazione della finta foto di Kenedy (hanno dovuto scomodare un leader morto deceni fa per giustificare gli harem di Berlusconi), però questo tipo di arma funziona cosi. Spara oggi, effetto immediato sul "popolo" che cosi può trovare una "lettura intelletuale" dei pensieri che passano per la propria pancia, e magari a distanza di 15 giorni, verso le ultime pagine del giornale, ci sarà forse qualche ridimensionamento. E meno male che doveva essere il giornale dell'amore. |
Autore: | j@strasmigrante [ 30 dic 2009, 17:35 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Il terrorismo made in "IL GIORNALE" - numero 2 |
Cita: Basta cittadinanza facile A Londra fa paura il kamikaze nato in casa di Gaia Cesare Vuoi studiare qui? Dicci se sei un terrorista. È questo il senso del questionario che dalla scorsa estate, in base a nuove disposizioni dell’agenzia per l’Immigrazione, i bimbi stranieri che vogliono frequentare le scuole private del Regno Unito devono compilare per dimostrare di non essere baby-estremisti pronti a immolarsi sul suolo inglese. L’ansia di combattere il terrorismo, il timore che possa annidarsi anche tra i più insospettabili è così alto in Gran Bretagna dopo gli attentati del 7 luglio 2005 e i falliti attacchi del 2007, da aver generato provvedimenti tanto bizzarri. Eppure da qualche giorno, da quando il nigeriano Umar Farouk Abdul Muttalab ha tentato di farsi esplodere sul volo Amsterdam-Detroit, Londra rivive un altro incubo, per nulla infondato a giudicare dall’allarme lanciato da Scotland Yard: è lo spettro del terrorista della porta accanto, dell’estremista British-born, con tanto di stemma reale sulla copertina del passaporto, e magari con la passione del cricket, come i ragazzi entrati in azione il 7/7, gli stessi che provocando la propria morte hanno costretto il Paese a piangere 52 vittime e a riaprire il dibattito sul melting pot, sul multiculturalismo da sempre bandiera del Regno Unito. L’intelligence ha avvisato: 25 cittadini inglesi sono pronti a ripetere l’azione dell’estremista nigeriano. Tutti ragazzi con passaporto britannico. Tutti nati e cresciuti in città come Londra, Bradford, Luton, Leytonstone. Qui si formano oggi i nuovi terroristi, cittadini britannici di seconda e terza generazione. Origini yemenite, dice l’MI5. E dal Regno Unito sono volati per tornare nel Paese d’origine ed essere addestrati all’odio nei campi di Al Qaida. I loro spostamenti facilitati proprio da quel passaporto. Come è già successo con Ahmed Omar Sheikh, nato a Londra nel 1973, origine pachistane, un brillante corso di studi alla London School of Economics, poi il tragico finale in Pakistan e l’accusa di essere responsabile del rapimento e della decapitazione del giornalista Daniel Pearl. L’allarme di Scotland Yard diventa così un mix esplosivo per la multietnica e accogliente Gran Bretagna. Il sistema si scopre fragile. Il punto di forza di quella civiltà diventa improvvisamente tallone d’Achille. Così anche il suo sistema universitario, calamita per i cervelli di tutto il mondo e fonte di business per il Paese. Allo University College di Londra ha studiato l’attentatore nigeriano del volo Amsterdam-Detroit proprio negli anni in cui le sue convinzioni politico-religiose si sono estremizzate. Ma anche i dieci pachistani arrestati quest’anno con l’accusa di programmare una strage erano studenti entrati nel Paese con un permesso di studio. Così gli student visa si scoprono un sistema troppo permeabile per chi vuole mettere piede nel Regno Unito e dedicarsi poi al terrorismo. Ogni anno sono circa 400mila i visti rilasciati (un numero pari alla popolazione di Bristol e Manchester messe insieme). E la loro concessione - ha ammesso in questi giorni Andrew Green, presidente di Migrationwatch - è diventata un puro automatismo, «completamente fuori controllo». Molti college sono diventati una preda ghiotta per predicatori radicali dell’islam. Il sistema è talmente perverso da aver trasformato la richiesta di studio nel modo più facile per entrare in Gran Bretagna, specie se si è giovani estremisti. Da una parte infatti le università accettano senza mettere grandi filtri le richieste di studenti stranieri, che pagano circa 20mila euro l’anno di tasse (cinque volte più di uno studente inglese), una somma sulla quale ormai molti college fanno affidamento e senza la quale probabilmente farebbero fatica a sopravvivere. Dall’altra parte ci sono poi gli speculatori, che hanno gustato il bottino e si sono buttati a capofitto sull’affare. Il sistema dei visti per studenti è diventato il modo più facile per far arrivare nel Paese immigrati illegali. Secondo un rapporto della Commissione parlamentare per gli affari interni sarebbero oltre duemila i college fasulli, istituti fantasma nati semplicemente per procurare agli immigrati i documenti necessari per vivere e lavorare nel Regno Unito. Lo scorso maggio il Times ha raccontato dell’esistenza di una rete di finte università - gestita e utilizzata da pachistani - che forniva lettere di ammissione e false lauree dietro grosse somme di denaro. Il premier Gordon Brown, dopo dieci anni di politica di porte aperte del partito laburista, ha imposto una stretta sulla concessione della cittadinanza agli stranieri: un sistema a punti che punisce i cattivi comportamenti contro la nazione. Intanto, però, la modella Fatou Cham, originaria del Gambia, scelta come testimonial dai supermercati Tesco, ha dovuto abbandonare il sogno di finire in copertina. Il suo visto di studio è scaduto dal 2001. Anche lei clandestina. Fonte: http://www.ilgiornale.it/interni/basta_ ... comments=1 |
Autore: | j@strasmigrante [ 30 dic 2009, 18:03 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Il terrorismo made in "IL GIORNALE" |
Replicando alla seconda pillola di terrore in due giorni da parte di questo Giornale, che dovrebbe cambiare il nome in "IL TABLOID" per la "qualità" del suo "junk food news": Per richiedere i visti per il Regno Unito e per gli Usa non da ora (certamente non da questa estate ma da decenni) bisogna compilare questionari dove si pongono domande del tipo: Hai intenzione di commettere atti terroristici in questo paese? Hai mai ricevuto addestramento militare o partecipato ad atti di guerriglia? ecc. Venendo al Regno Unito, è il suo modello di integrazione che sta mostrando le sue falle e su questo si può concordare: il Regno Unito ha tollerato e agevolato la costituzione di scuole confessionali, cosìcchè ogni comunità di immigrati ha potuto mandare i suoi figli in scuole cattoliche e protestanti prima (con le ben note conseguenze che ciò ha portato per il conflitto nell'Irlanda del Nord) ed induiste, islamiche, sikh nell'ultima metà del secolo scorso. Questi sono errori che in Italia non sono stati commessi e la scuola Italia sta dando prova di tutta la sua duttilità nello sviluppo di una idenità squisitamente italiana che comprenda tutti, italia di tutte le origini. E' comunque importante che la scuola Italiana si apra alla conoscenza di questi nuovi apporti alla società italiana, che aiuti a sviluppare la consapevolezza dei legami storici e culturali che nel passato hanno legato la sorte di quella che era allora l'Italia con gesti di altre parti del mondo, oltre alla consapevolezza dei legami che si stanno costruendo nel presente ed anche di quelli che potremmo creare in futuro. ps: usare l'esperienza britannica per paventare un dietro-front di questo paese sul tema della cittadinanza è alquanto pretestuoso. L'intento evidente è di sbirciare fuori (perché in articoli come questi non c'è un minimo di analisi e sforzo intellettivo) per creare terrore in patria. Nel titolo si parla dell'Italia e del punto di vista de IL TABLOID e dei politicanti vicini al suo padrone sul tema della cittadinanza, nel corpo dell'articolo si parla della Gran Bretagna e di suoi improbabili "ripensamenti". |
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