Forum della Rete G2 – Seconde Generazioni

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MessaggioInviato: 14 nov 2009, 23:26 
G2 con doppia cittadinanza
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Identity, Citizenship and Migration Centre
Working Paper No. 3,
University of Nottingham, 2008
“Loud and Clear”: The G2 Second Generations Network in Italy
Dorothy Louise Zinn

Cita:
Abstract
This paper examines the Italy's "G2" network as a response to a group's social and
political marginality. Because of the Italian jus sanguinis citizenship regime and the
difficulty of obtaining naturalization even for those born and raised in Italy, the
“children of immigration” often face exclusion. The “G2” network was formed in 2005
by so-called "second generation" young adults. This association mainly organizes
through its online website, blog and forum, and also operates through local groups in
several Italian cities. G2 has focused on citizenship as a key issue, and over the past
year it has received institutional recognition as a representative for this segment of
the population. G2 members not only lobby for a change in the citizenship law, but
also for acceptance as "differently Italian". This paper will consider how members of
the G2 variously articulate forms of identity that negotiate different levels, while they
simultaneously coalesce as a movement under the G2 umbrella.

Keywords:
second generations; citizenship; Italy; social movements; internet; ethnicity

Author:
Dorothy Louise Zinn is a cultural anthropologist and currently an adjunct instructor of
intercultural education at the Università degli Studi della Basilicata (Italy). Since 1990
her research interests have included immigration and multiculturalism in Italy, and
most recently the cultural production of immigrants and "second generations". Her
forthcoming book documents and analyzes the life history of a retired Italian
elementary school teacher, one of the first to have foreign students in class.


http://www.nottingham.ac.uk/sociology/p ... _08_03.pdf

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MessaggioInviato: 14 nov 2009, 23:32 
G2 con doppia cittadinanza
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Immagine

Cita:
What is TIES?
The TIES project is a collaborative and comparative research project on the descendants of immigrants from Turkey, Ex-Yugoslavia and Morocco in eight European countries (Austria, Belgium, France, Germany, the Netherlands, Spain, Sweden and Switzerland). The ”second generation” refers to those children of immigrants who were actually born in the receiving country, and have followed their entire education there.

Cita:
TIES: The Integration of the European Second Generation
Immigration and the subsequent integration of newcomers is one of the foremost challenges for Europe's increasingly heterogeneous cities. The integration of the second generation - the children born of immigrant parentage in the country of migration - is crucial to this process, for they constitute a growing share of metropolitan youth today.

The TIES project studies the topic of integration, be it economic, social, educational, or in terms of identity. Since little internationally comparable statistical material has been gathered on the second generation, the main objective has been to create the first systematic and rigorous European dataset of more than 10,000 respondents in fifteen European cities - relevant not only for a better general understanding, but also for the development of policies at all levels of government.

TIES is an international survey on the descendants of immigrants from Turkey, Ex-Yugoslavia, and Morocco in fifteen European cities in eight countries. But TIES is also the common roof for a number of related activities around research and training, transfer of knowledge, communication, and policy recommendations.

Please check the buttons to your left for your main fields of interest.


http://www.tiesproject.eu/

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MessaggioInviato: 14 nov 2009, 23:42 
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Working Papers
del Dipartimento di studi sociali e politici
09 / 03 / 2005

Stranieri & italiani
Una ricerca tra adolescenti
figli di immigrati nelle scuole superiori

Roberta Bosisio – Enzo Colombo –
Luisa Leonini – Paola Rebughini


Cita:
Introduzione
I giovani d’origine straniera presenti in Italia sono circa 400.000 e, secondo le previsioni degli studiosi dei fenomeni migratori, supereranno il milione entro il 2015. La presenza nelle scuole italiane di studenti d’origine straniera è in forte aumento soprattutto nelle scuole materne ed elementari dove sono presenti bambini, nati in Italia, figli di stranieri. Anche nelle scuole superiori gli studenti d’origine straniera sono in aumento, ma la maggioranza è costituita da ragazzi nati nei paesi d’origine e giunti in Italia in seguito a ricongiungimenti familiari, piuttosto che da immigrati di seconda generazione. Il numero maggiore di studenti stranieri si trova nelle regioni del nord dove è avvento il maggior numero di ricongiungimenti familiari e i giovani primo-migranti rappresentano oggi la maggioranza degli studenti stranieri delle scuole secondarie italiane.
Per queste ragioni riteniamo che la ricerca qui presentata, che ha avuto come oggetto d’indagine i soli studenti d’origine straniera delle scuole secondarie milanesi, possa in ogni caso essere rilevante per portare all’attenzione degli studiosi e delle persone interessate alla condizione degli stranieri in Italia, le rappresentazioni, le attese e le narrazioni di questi giovani adolescenti.

In Italia le problematiche relative ai giovani immigrati sono state oggetto d’indagine e di studio solo in tempi recenti, a differenza dei paesi di più antica tradizione migratoria, quali la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti dove il dibattito sulla situazione dei giovani d’origine straniera ha trattato per lungo tempo prevalentemente i temi connessi con le politiche d’integrazione sociale dei migranti e dei loro discendenti e la capacità o meno, da parte delle società accoglienti, di integrare gli stranieri e di saper convivere in modo non conflittuale con le differenze. Negli ultimi decenni però il dibattito sociologico internazionale, oltre a trattare i temi dell’integrazione/assimilazione, si è anche concentrato su quelli dell’identità culturale e del riconoscimento, dell’identità multipla, dell’ibridazione culturale, ecc. In questi ambiti di riflessione sono state prodotte ricerche empiriche con l’obiettivo di analizzare il processo di formazione dell’identità dei giovani d’origine straniera, mettendo in luce le loro appartenenze multiple e la loro capacità di tenere insieme, nella vita quotidiana, riferimenti culturali diversi.
Seguendo questa tradizione di studio e di ricerca con questo lavoro si è inteso porre al centro dell’analisi i processi d’identificazione dei giovani d’origine straniera inseriti in percorsi di “normalità” -quali quelli della scuola secondaria- simili a quelli dei coetanei italiani, o, formulando l’interrogativo in altro modo, si è cercato di comprendere quanto influisca l’essere adolescente e quanto l’essere straniero per analizzare le condizioni di vita, le attese, l’immagine della condizione presente e del futuro che questi adolescenti forniscono di loro stessi e degli altri significativi con i quali interagiscono: genitori, insegnanti, compagni, amici, fratelli, compatrioti, ecc. Uno degli interrogativi principali è stato quello di capire se, ed eventualmente in quali contesti e situazioni, i giovani d’origine straniera si differenzino nei comportamenti e negli stili di vita dai compagni italiani. Per cercare di chiarire questi interrogativi siamo partiti dalle narrazioni e dalle rappresentazioni che questi studenti stranieri forniscono della loro quotidianità, definita come l’insieme di contesti e d’ambiti in cui emergono le capacità personali e le strategie di gestione della molteplicità di sé che compongono l’identità individuale, come l’insieme delle pratiche e dei comportamenti che descrivono il loro processo di costruzione di un’identità multipla che fa sì che ci si possa sentire contemporaneamente straniero, italiano, studente, adolescente, figlio, amico, appartenente ad una squadra di calcio, ballerino o musicista, ecc., per cercare di ricostruire le rappresentazioni che essi fanno della loro vita familiare, scolastica, del tempo libero, delle amicizie, dei sentimenti, dei consumi, ecc.

La ricerca effettuata si è avvalsa di metodologie qualitative coinvolgendo 87 ragazzi di origine straniera e altri tre italiani, tutti (escluso un ragazzo di origine straniera e due italiani al primo anno di università) frequentanti una scuola superiore milanese. Si sono svolte 61 interviste in profondità e 5 focus group di 4-9 componenti ciascuno che hanno coinvolto 33 giovani (26 di origine straniera non intervistati in precedenza, 5 già intervistati e tre ragazzi italiani, uno dei quali di fede islamica).
La ricerca ha avuto finalità esplorative, tese a definire le caratteristiche più rilevanti di questo specifico universo giovanile; i giovani coinvolti nelle interviste e nei focus group sono stati reperiti secondo una modalità di campionamento non probabilistico, cercando comunque di garantire, pur nel limite del numero ristretto di soggetti interessati, una variabilità e una rappresentatività che tenesse conto della complessità e della frammentarietà della migrazione in Italia.
I criteri minimi di selezione sono stati definiti dall’avere almeno un genitore nato in un paese diverso dall’Italia e dall’essere inseriti (o dall’esserlo stati, per alcuni di loro coinvolti nei focus group) nell’istruzione superiore.


http://www.sociol.unimi.it/papers/2005- ... ughini.pdf

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MessaggioInviato: 14 nov 2009, 23:46 
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In questo sito trovate molto materiale interessante.

Le Seconde Generazioni
scheda realizzata con il contributo della dott.ssa Luisa Salvati* e del dott. Massimo Modesti*


http://www.cestim.it/35secondegenerazioni.htm

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MessaggioInviato: 14 nov 2009, 23:53 
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Giusy La Rocca
Le seconde generazioni di migranti e il welcome brand: la marca come "ponte" tra le culture
Università Luigi Bocconi di Milano (A.A. 2006/2007)


http://www.etnica.biz/flex/cm/pages/Ser ... AID%3D2115

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MessaggioInviato: 15 nov 2009, 00:00 
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Laura Fontana Sabatini
I consumi e i cultural bridging: le seconde generazioni egiziane e marocchine a Milano
Università Luigi Bocconi di Milano (A.A. 2007/2008)


http://www.etnica.biz/flex/cm/pages/Ser ... AID%3D2115

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MessaggioInviato: 21 nov 2009, 13:59 
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Per alcuni libri sulla tematica delle seconde generazioni c'è anche questo topic:
viewtopic.php?f=11&t=1848

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MessaggioInviato: 27 nov 2009, 19:40 
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International Metropolis Conference

Melbourne, 7th-12th October 2007

The transition to adulthood of young migrants’ children

A transnational study between Italy and Philippines
Fabio Baggio & Laura Zanfrini


http://international.metropolis.net/eve ... el_WTS.pdf

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MessaggioInviato: 05 dic 2009, 16:15 
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Cita:
Rapporto 2008/2009 sull'Immigrazione “Più stabili ma più incerti: giovani, donne e comunità migranti a Prato"

Il rapporto, curato da Asel (Fabio Bracci, Mostafà El-Ayoubi, Paolo Sambo, Simone Paoli e Lucia Barbieri) per l'Osservatorio provinciale sull'immigrazione, ha l'obiettivo di studiare le caratteristiche e gli effetti dell'apparire nella scena pubblica locale delle domande di riconoscimento poste dalle comunità islamiche presenti a Prato. Nel contesto pratese la questione del riconoscimento si è declinata su due diversi piani: il tema del rituale della sepoltura e quello della costruzione di una nuova moschea. La ricerca presenta per la prima volta una stima locale della distribuzione dei residenti stranieri per appartenenza religiosa.

La seconda parte del rapporto, oltre ad uno spaccato sulle "seconde generazioni" con riferimenti alla loro quotidianità, memoria, identità ed aspirazioni, propone due approfondimenti: il primo sulla numerosa comunità albanese presente a Montemurlo, il secondo presenta un'esperienza di dialogo interculturale secondo una prospettiva di genere nella Val di Bisenzio.


Rapporto 2008/2009 sull'Immigrazione: "Più stabili ma più incerti: giovani, donne e comunità migranti a Prato" in formato
http://allegati.po-net.prato.it/dl/2009 ... pporto.pdf

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MessaggioInviato: 05 dic 2009, 16:26 
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Cita:
Comunicare con gli immigrati di seconda generazione

Un saggio di Giampietro Vecchiato, Vice Presidente FERPI, sull’integrazione dei migranti e dei loro figli (la seconda generazione) che affronta il tema del rapporto generazionale e dei valori e tradizioni degli stili di vita.


“Quando perdiamo mi sento un fallito, quando vinciamo mi sento in colpa!”
Charlie Brown, citato da Paolo Branca, Il Sole 24 Ore

Doppio livello, doppio standard: questo sembra essere il nostro approccio all’integrazione sia dei migranti che dei loro figli (la seconda generazione).
Una doppia lettura che sembra condurci in un vicolo cieco, non solo psicologico.

Facciamo di tutto (anche se spesso solo a parole) per la loro integrazione ma, nel caso in cui questa avesse successo, finiremo con il pentircene. Un pentimento derivante da un profondo senso di tradimento della nostra identità, della nostra storia, della nostra cultura.
Ma anche se andiamo a leggere le “seconde generazioni” non abbiamo risposte meno ambigue e complesse.


Continua a leggere il saggio:
http://www.ferpi.it/ferpi/novita/notizi ... i/39031/11

Giampietro Vecchiato
Vice Presidente FERPI; Direttore clienti P. R. Consulting srl di Padova; Docente a contratto di Teoria e tecnica delle Relazioni pubbliche presso l’Università degli Studi di Padova e Udine

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MessaggioInviato: 30 dic 2009, 16:21 
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Cita:
G-2 / 3
L'Italia del futuro: quale identità
per i figli degli immigrati?


di Tonia Garofano

L’Italia è multietnica. Lo è perché vede da anni la compresenza e convivenza di persone di origine, nazionalità, religione, culture, lingue, tradizioni differenti. Lo è. È un dato di fatto che né i fautori di un anacronistico ritorno al passato né gli xenofobi spacciati per tutori-della-sicurezza-nazionale possono sovvertire. Ciò che resta da affrontare, quindi, non è la questione vogliamo-o-non-vogliamo-essere-multiculturali. Lo siamo già. Il problema da risolvere, per quanto arduo, tanto da sembrare insormontabile, è la gestione della compresenza e convivenza di persone di origine, nazionalità, religione, culture, lingue, tradizioni differenti.

E tale problema non può essere risolto non affrontando la questione complessa dell’identità. Del significato e del valore che a tale termine vogliamo dare. Dice bene Valentina Cardinale su Ffewebmagazine: «L’identità non è un concetto monolitico, ma un fattore mobile. Lo dimostra la stessa difficoltà che il gruppo etnico italiano virtualmente omogeneo presenta nella definizione di una “identità nazionale”. O lo dimostrano le stesse seconde generazioni di immigrati in Italia, che stanno plasmando un’identità diversa da quella dei propri genitori. L’identità, infatti, si forma, non si acquisisce anagraficamente. Rientrano nel concetto di identità sia il modo in cui l'individuo considera e definisce se stesso come membro di determinati entità o gruppi sociali (nazione, classe sociale, livello culturale, etnia, genere, professione, e così via); sia il modo in cui le norme di quei gruppi consentono a ciascun individuo di pensarsi, muoversi, collocarsi e relazionarsi rispetto a sé stesso, agli altri, al gruppo a cui afferisce e ai gruppi esterni. I processi di formazione delle identità sono ampi e complessi, e dal momento che ogni soggetto riveste in società più ruoli, ognuno presenta un'identità multipla, definita come identità sociale. Si tratta di un processo che avviene anche all’interno di una popolazione etnicamente omogenea».

E parlando di “seconde generazioni” di immigrati, il processo di formazione di una identità appare più ostico. I figli degli immigrati non sono parte del paese di origine del padre o della madre, né, tantomeno, lo sono totalmente del territorio di accoglienza. Sono una generazione in bilico: tra due mondi, tra due modi essere, tra due modi di pensare, tra due modi di vivere. Spesso addirittura tra loro contrapposti. Costituiscono una frontiera, un ponte. La loro è una situazione difficile: se i genitori riescono più agevolmente a trovar un appagamento nella condizione che il paese ospitante offre loro – a maggior ragione se paragonata alla situazione del Paese d’origine -, i giovani di “seconda generazione” costruiscono aspettative di vita, desideri conformi alla società che li ha accolti, lottando maggiormente per definire una propria identità e, spesso, nelle numerose situazioni di scarsa possibilità di ascesa sociale, soffrendo per un divario che si apre tra aspettative di vita e reali e oggettive condizioni quotidiane.

A ciò si aggiunge che i giovani di “seconda generazione”, nella gran parte dei casi, non hanno deciso di emigrare, ma hanno le scelte dei propri genitori sulle loro spalle. «Io come moltissime ragazze musulmane di seconda generazione nate o cresciute in Italia, siamo qui, non per una libera scelta, ma per un destino che i nostri genitori scelsero anche al posto nostro, per migliorare la loro vita e il nostro futuro. Lasciando il loro paese di origine, i loro affetti e tradizioni, per dare inizio ad una nuovo e luminoso cammino, in un paese lontano e diverso, un paese occidentale», afferma su Il Sole 24 ore del 17 settembre 2009 Karima Moual, giornalista e responsabile dell’associazione Genemaghrebina.

Tale condizione di disequilibrio, unita alle difficoltà e ostruzioni che i giovani di “seconda generazione” incontrano nella quotidianità, possono diventare un mix letale, capace di minare pericolosamente quella fase adolescenziale della vita che, già complicata per ogni essere umano, può diventare, per i figli di immigrati, davvero impossibile. Basti pensare alle difficoltà d’acquisizione della cittadinanza per i figli di stranieri dovuta allo ius sanguinis ancora vigente in Italia: i figli d’immigrati possono richiedere la cittadinanza solo dopo aver vissuto nel nostro paese per diciotto anni consecutivi, per non parlare di come si complica la situazione nel caso di nascita dell’individuo fuori dei confini italiani.Forse deriva da tale condizione di ambiguità, da tale sensazione di frontiera la propensione delle “seconde generazioni” a volersi dare un nome, una definizione, una struttura. Come se volessero tentare, tramite la costituzione di associazioni e gruppi, la realizzazione di giornali e blog, di affermare con forza la propria esistenza e la propria identità. Urlarle al mondo. E costruirle mentre le urlano. Come se l’essere uniti, l’essere tanti significasse essere qualcuno. Significasse essere più forti. Come se per farsi conoscere, per porre i problemi, le proprie istanze a questa Italia sorda e miope bisognasse urlare con una sola voce fatta di tante e differenti voci.

Forse, al di là delle singole motivazioni e degli svariati obiettivi che hanno portato alla loro costituzione, a questo tendono la Rete G2, Genemaghrebina, i Giovani Musulmani d’Italia… Tutti esempi di associazioni di giovani di “seconda generazione”; tutte associazioni attive a livello sociale, tutte portatrici di richieste ed appelli.

La Rete G2, sicuramente la più impegnata a livello politico nella discussione sulla riforma della legge sulla cittadinanza, è riuscita a far ascoltare la propria voce anche in Parlamento, presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera. Un’associazione di giovani che ha ricevuto il plauso del presidente della Repubblica Napolitano che, in occasione della celebrazione della Giornata per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20/11/07), ha accolto in Quirinale una delegazione della Rete. Nella lettera indirizzata al Presidente, i giovani della Rete G2 denunciavano la loro condizione di “invisibilità”, chiedendo “pari opportunità di partenza” per giovani che sono “italiani con il permesso di soggiorno”. La risposta del presidente è stato un pubblico impegno a sollecitare la riforma della legge sulla cittadinanza.

Ideatrice di svariate iniziative editoriali, la Rete G2 è entrata a far parte nel 2007 della Consulta nazionale “per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie” e della Consulta dell’Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale presso il Ministero della Pubblica Istruzione.
Di impostazione più confessionale, Giovani musulmani d’Italia è l’associazione fondata a Milano nel 2001, con l’intento dichiarato di fornire ai giovani gli strumenti per formare un’identità islamica italiana in grado di conciliare i principi religiosi con la società e la cultura del paese dove si vive. Giovani musulmani d’Italia, che già nel nome precisa l’identità principale alla quale vuol fare riferimento, organizza raduni regionali e due meeting nazionali, attività di promozione interreligiosa e interculturale.

Sicuramente meno confessionale è Genemaghrebina, presieduta dalla giornalista Karima Moual. L’associazione è il frutto dell’idea di ragazzi di seconda generazione, che si sono posti l’obiettivo di far conoscere la cultura maghrebina in Italia, portando avanti un vero e proprio interscambio culturale. Aperta anche a italiani “autoctoni”, allo scopo di avversare qualsiasi tipo di ghettizzazione, Genemaghrebina promuove la conoscenza e il dialogo tra culture attraverso l’organizzazione di eventi e manifestazioni culturali, artistiche e letterarie e la realizzazione di attività educative e formative rivolte ad un pubblico non solo marocchino.Sono queste associazioni, i ragazzi che le hanno costituite, quelli che le animano, i giovani figli di migranti che a esse danno volto e anima, i nostri compagni di viaggio. Sarà dalla loro voce che ascolteremo le loro istanze, dai loro occhi che comprenderemo il loro disagio, dal loro vissuto che capiremo la loro voglia di esserci in questa Italia, la loro volontà di costruirla, insieme, questa Italia del futuro.

29 dicembre 2009


Fonte: http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.as ... Tipo=&Tag=


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G-2 / intro2
L'Italia del futuro:
precisazioni di rito


di Tonia Garofano

Un viaggio alla scoperta delle “seconde generazioni” necessita di qualche preliminare precisazione accademica. A partire dal termine “seconde generazioni”. O meglio, dal concetto di “seconde generazioni”. L’espressione si è diffusa in Italia, nella terminologia politica e giornalistica, soprattutto grazie all’utilizzo che ne hanno fatto le associazioni e i gruppi di figli di migranti. Di derivazione sociologica - precisamente di sociologia delle migrazioni - il concetto di “seconde generazioni” è nato per descrive e spiegare un episodio di migrazione verificatosi in un contesto diverso e remoto da quello italiano: è infatti nella Chicago di un secolo fa, a cavallo tra Ottocento e Novecento, che si verificò uno stravolgimento di vita e composizione sociale tale da trasformare la città americana un vero e proprio laboratorio vivente di integrazione.
La nozione di “seconda generazione” fu adoperata originariamente dalla cosiddetta “Scuola di Chicago” nelle ricerche volte a dimostrare che sarebbero stati appunto gli immigrati di “seconda generazione” a compiere quel salto del ponte, dello stato transitorio nel quale si trovavano, diventando così pienamente americani.

Oggi, in Italia, la definizione di “seconda generazione” è una sorta di compromesso. Essa sta a indicare “figli di immigrati” e non “immigrati”, poiché coloro che nascono in Italia da genitori immigrati non hanno compiuto alcuna migrazione, e coloro che sono nati all’estero, ma cresciuti in Italia, non hanno deciso volontariamente di emigrare, ma sono stati portati qui dalle proprie famiglie.

Uno dei problemi che, affrontando tale questione, ci si trova davanti, è quello dell’individuazione dei soggetti da includere nella vasta area delle “seconde generazioni”. Il Consiglio d’Europa considera «migranti della seconda generazione i bambini che sono nati nel paese d’accoglienza di genitori stranieri immigrati, ve li hanno accompagnati, oppure li hanno raggiunti a titolo di ricongiungimento familiare e che vi hanno compiuto una parte della loro scolarizzazione o della loro formazione professionale». Si potrebbero quindi individuare più categorie: minori nati in Italia; minori ricongiunti; minori rifugiati (i cosiddetti “bambini della guerra”); minori arrivati per adozione internazionale; figli di coppie miste…

Ma, ovviamente, il nostro scopo non è quello di realizzare un lavoro di etnologia o antropologia; ci limiteremo, quindi, a quell’insieme già tanto vasto dei figli degli immigrati presenti in Italia, qui nati o che qui hanno effettuato almeno una parte della loro scolarizzazione o formazione professionale.

A delimitare ancora meglio i nostri compagni di viaggio, intervengono i numeri del Dossier statistico immigrazione 2009 elaborato dalla Caritas/Migrantes, che ci dicono che più di un quinto della popolazione straniera è costituito da minori (862.453), 5 punti percentuali in più rispetto a quanto avviene tra gli italiani (22% contro 16,7%). I nuovi nati da entrambi i genitori stranieri (72.472) hanno inciso nel 2008 per il 12,6% sulle nascite totali registrate in Italia, ma il loro apporto è pari a un sesto se si considerano anche i figli di un solo genitore straniero. A essi si sono aggiunti altri 40.000 minori venuti a seguito di ricongiungimento. Nel 2008, i minori, per la prima volta, sono aumentati di oltre 100 mila unità. L’età media degli stranieri è di 31 anni, contro i 43 degli italiani. Anche nelle scuole i numeri della presenza di stranieri aumentano. Gli alunni figli di genitori stranieri, nell’anno scolastico 2008/2009, sono saliti a 628.937 su un totale di 8.943.796 iscritti, per un’incidenza del 7%, con un aumento annuale pari a circa il 10%.

Ovviamente parliamo di “stranieri” per modo di dire, perché quasi 4 su 10 (37%) sono nati in Italia e di questo paese si considerano cittadini; e il rapporto sale a ben 7 su 10 tra gli iscritti alla scuola dell’infanzia.
La “seconda generazione” dell’immigrazione italiana è raddoppiata negli ultimi cinque anni, raggiungendo il numero di 767.060 abitanti. Secondo il quinto Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni del febbraio 2009, il 56% di loro è nato in Italia e rappresenta circa il 10% della popolazione del paese tra 0 e 25 anni. Precisazioni d’obbligo, che servono a capire e delimitare l’oggetto dell’indagare. Premesse di rito, per poi passare al racconto vero e proprio. L’approfondimento di un universo così vasto comporta un piano. Un viaggio tanto avventuroso richiede un itinerario di massima, per non perdersi. E così abbiamo fatto.
Abbiamo studiato l’itinerario. Cosa significa fare un reportage sulle “seconde generazioni”? Abbiamo deciso di partire dalle maggiori associazioni di figli di immigrati presenti in Italia, dall’approfondimento delle strutture che le compongono, dallo studio delle istanze che avanzano, dal pensiero dei giovani figli di immigrati che le presiedono. Ma ciò non bastava. Abbiamo allora pensato di intervistare i protagonisti, i giovani di “seconda generazione” che vivono in Italia, di chiedere loro cosa vogliono, cosa sperano, di cosa hanno paura. Per sapere cosa significa per loro essere italiani, ottenere la cittadinanza italiana. Per domandare come l’Italia li ha accolti, come li tratta, se li ama. Per sapere cosa pensano dell’integrazione, quale ricetta propongono. Ma non bastava ancora. Abbiamo allora proseguito con l’analisi delle loro iniziative editoriali, le loro opere, le loro manifestazioni artistiche. E per concludere, con le interviste a esperti e studiosi. Il viaggio ora può avere inizio. Ed ecco la nostra percezione, le nostre considerazioni, le nostre impressioni.

22 dicembre 2009

Fonte: http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.as ... te_Arti=24


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G-2 / 4
L’Italia del futuro.
«Questo paese è la nostra casa»


di Tonia Garofano

«Ma perché una delle prime domande fatte dai media alle seconde generazioni deve essere sempre: ma tu sei integrato? Ti senti integrato? E i giornalisti scrivono di noi, della Rete G2, che siamo delle seconde generazioni perfettamente integrate. Ma cosa cavolo vuol dire? Ultimamente, quando mi viene rivolta la domandina preconfezionata, la tentazione spontanea è di rispondere chiedendo a mia volta all’intervistatore: e tu? Sei riuscito a integrarti? Come se noi seconde generazioni fossimo dei corpi estranei alla società italiana. Noi siamo già società italiana. (…) In realtà la domanda che viene spontanea a me quando parlo con altri, giovani e meno giovani, figli di italiani o figli di immigrati è invece: sei felice? Perché sta tutto là l’interesse per chi ti circonda, per chi fa parte di questa società, di amici o parenti, di conoscenti, di altri cittadini, di sconosciuti che incroci sull’autobus o mentre fai la fila alla posta. Vivi bene? Sorridi oppure hai gli incubi tutte le notti? Insomma… Chiedimi se sono felice».
È stato certamente questo il post del blog delle Rete G2 che più ci ha colpito. Che ci ha costretto a fermarci e riflettere. Forse perché ci ha colto in fallo. Forse perché durante le interviste che costituiscono il seguito di questo lavoro, abbiamo più volte riproposto la domanda: «Ti senti integrato?». Una domanda ripetuta nella convinzione che fosse una domanda giusta, sacrosanta, necessaria. Una domanda da fare per comprendere, per conoscere e inquadrare colui o colei che avevamo di fronte. Per capire come proseguire, le risposte da cercare. Senza che mai ci sfiorasse minimamente l’idea che colui o colei che avevamo davanti potesse sentirsi italiano quanto noi, amare l’Italia quanto noi.
Un post che ci ha fatto pensare molto. Che ha condizionato lo spirito col quale abbiamo affrontato questo lavoro e il viaggio alla scoperta della Rete G2. La Rete G2-Seconde Generazioni è un’organizzazione nazionale apartitica fondata e composta da giovani che si definiscono “figli di immigrati” e non “immigrati”: «I nati in Italia – spiega il post “Chi Siamo” del blog - non hanno compiuto alcuna migrazione, e chi è nato all’estero ma cresciuto in Italia non è emigrato volontariamente, ma è stato portato in Italia da genitori o altri parenti. “G2” quindi non sta “per seconde generazioni di immigrati” ma per “seconde generazioni dell’immigrazione”, intendendo l’immigrazione come un processo che trasforma l’Italia, di generazione in generazione».

G2 è un network, nato a Roma nel 2005, di “cittadini del mondo”, originari di Asia, Africa, Europa e America Latina, uniti intorno a due problemi, due questioni di attuale e decisiva importanza: la cittadinanza e l’identità. Due gli obiettivi che la Rete G2 si pone: la riforma della legge per la concessione della cittadinanza italiana, perché sia più aperta nei confronti delle seconde generazioni, e la trasformazione culturale della società italiana, perché sia più consapevole e si riconosca in tutti i suoi figli, indipendentemente dalle loro origini. Tutto ciò attraverso un dialogo diretto, senza intermediari, con le istituzioni e la società italiane: una voce, frutto di tante voci; una istanza, frutto di tante testimonianze.
Un’associazione che in pochi anni di vita ha visto crescere in modo esponenziale il proprio appeal, che si è manifestata al grande pubblico, provando a concretizzare, tramite iniziative artistiche, sociali e politiche, il proprio sogno, il sogno dei propri componenti: non essere percepiti come “diversi”, non essere additati come “stranieri”, essere riconosciuti come “italiani”.

La G2 si è fatta promotrice di svariate iniziative: video, spot audiovisivi, cd, fotoromanzi, collaborazioni con giornali e riviste, partecipazioni a programmi radiofonici. Un “bombardamento” artistico a 360°.
Il video G2 ad alta voce: Forte e Chiaro, girato con l’artista Maria Rosa Jijon, ha vinto il “Premio Mostafà Souhir per la multiculturalità nei media”, dedicato alla memoria di un giornalista e attivista di origine marocchina scomparso prematuramente, per «l’originalità dello spunto, la spontaneità e la freschezza e per essere espressione riuscita del protagonismo nel mondo della comunicazione da parte delle giovani generazioni di immigrati». «Vogliamo urlare quello che pensiamo! Soprattutto le frustrazioni quotidiane trascinate per anni. Le file al commissariato, le bocciature alle nostre richieste di cittadinanza. Le umiliazioni dei nostri genitori, le nostre umiliazioni. E quanti di noi si sono sentiti rivolgere lo sguardo di totale meraviglia quando un G2 ha dichiarato "sono italiano, ho il passaporto italiano, parlo italiano, incredibile mangio anche la pasta!". E quante volte avrete ascoltato "ma come parli bene l’italiano!". «Quando la maggioranza si renderà conto di quanto siamo normali?», urla un membro della G2 sul blog.

Strumenti artistici per farsi conoscere. «Per farci sentire non basta la parola: per noi è molto importante trovare le forme migliori per arrivare a un pubblico più vasto» spiega sul blog Maya Llaguno Ciani, membro di G2 e ideatrice del Fotoromanzo Apparenze -. E così stiamo provando strumenti di comunicazione efficaci, accessibili e chiari, per veicolare contenuti che per noi sono molto importanti». «In questa occasione ci siamo divertiti a posare con autoironia come se fossimo degli attori, rappresentando alcuni episodi comuni delle nostre vite di tutti i giorni - racconta Lucia Ghebreghiorges, una delle protagoniste del fotoromanzo – . Ma abbiamo giocato tenendo sempre ben presente l’obiettivo di G2: quello di sensibilizzare sulla necessità di una riforma della legge sulla cittadinanza italiana che sia più aperta verso i figli degli immigrati».
Un impegno sociale e artistico vasto ed esaustivo, che comprende anche la partecipazione alla trasmissione Toubab su Popolare Network con OndeG2. Due anni intensi, che hanno permesso di sviscerare tematiche complesse, problemi contingenti: dalla cittadinanza agli aneddoti e ricordi di situazioni imbarazzanti, dall’identità all’amore, dalla storia della patria allo sport tricolore, dal cinema alla musica, dal razzismo al bullismo, dal futuro delle G2 e dell’Italia all’emozione di chi, finalmente, è riuscito ad ottenere la tanto agognata, desiderata cittadinanza.

Ma l’impegno della Rete non si è esaurito qua: i giovani “figli di immigrati” si sono cimentati con la musica, col cd Straniero a chi? Tracce e parole dei figli dell’immigrazione - contenente 13 brani realizzati da gruppi musicali composti anche da figli di immigrati o da singoli artisti di origini straniere di età compresa tra i 20 e i 30 anni - e col giornalismo, collaborando con il mensile giovanile Topgirl, e realizzando una pagina Secondi a nessuno, «interamente curata dalla rete nazionale di figli di immigrati dove le seconde generazioni si raccontano in prima persona, dalla Babele linguistica delle loro case alle avventure tipiche degli “italiani col permesso di soggiorno”, dai dilemmi identitari alle difficoltà di vivere senza pieni diritti nel paese in cui si è cresciuti». «Un nuovo strumento come altoparlante delle loro vite per raggiungere i coetanei. Storie, pensieri, emozioni e curiosità di un’Italia che cambia dalle scuole alle università, dai luoghi di aggregazione ai posti di lavoro. Giovani che non vogliono essere considerati degli estranei o cittadini di serie B nel loro stesso mondo, la società italiana». Appunto “secondi a nessuno”.

«Mi chiamo Ian, ho 18 anni, sono uno dei tanti pendolari che la mattina si attarda nel dribblare altri pendolari. Chi vive a Roma, in questa mia grande città, può capire cosa intendo. Una spietata lotta per ritagliarsi quel centimetro cubo di spazio che ti permetterà di stare stretto nella metro come le acciughe in un barattolo. E poi scuola, amici, professori, insomma la mia vita. Anzi, una parte della mia vita. Torno a casa assieme a mia sorella, e sento mia madre parlare al telefono: “Hello? Who is speaking?”, poi subito “Sì, te la passo”. E si rivolge in luganda a mia sorella dicendole a mezza voce “È simù yò (è per te)”. Ecco, questa è casa mia. Un crocevia delle lingue più diverse. Dentro quelle quattro mura i miei genitori mischiano il luganda, la lingua principale del mio paese, l’Uganda, il lusoga, uno dei dialetti, oltre ovviamente all’italiano. Quel paese l’avrò visto due volte in vita mia. Non so la lingua di laggiù. So capire un po’ di tutto, ma a parlare nemmeno per sogno. So solo l’italiano e rispondo ai miei genitori sempre in italiano. Non perché lo abbia voluto. È una casualità, tutto qua. Potrei fare confusione, insomma le lingue sono tante. Ma una cosa è certa. Sento qualcosa che mi lega all’Uganda nel profondo, anche se qualcuno potrebbe non capirlo fino in fondo…».

Esperienze artistiche e umane. Tentativi di aprirsi alla società italiana. Speranze di essere capiti, accolti, accettati, riconosciuti come “uguali”. Ragazzi con gli stessi problemi dei giovani italiani da generazioni e generazioni; adolescenti che hanno a che fare con le pene di cuore e le speranze di diventare qualcuno. Giovani come noi. «Innanzitutto più che figli di stranieri o figli di nessuno direi: dobbiamo considerarci figli di tutti. Facciamo parte della società, siamo il risultato di una società composta da tutti. (…) Siamo il presente e futuro dell’intera società, non solo delle nostre famiglie naturali», si legge ancora sul blog G2.

Giovani che vivono le nostre ansie e le nostre frustrazioni, le nostre gioie e le nostre speranze: «I miei occhi hanno continuato a posarsi su di te e ogni giorno notavano sempre nuove cose e dettagli…, ti ho visto da diverse angolazioni e ti ho rivisto ancora e ancora senza che mi stancassi mai. … Amor mia non mi illudo, ho come l’impressione che non farò mai parte di te. … Ma un augurio di buon viaggio rimanga fra te "amoR" e me, uno sconosciuto che ti ha conosciuto. Amor mia sei proprio tu, mia Roma».

Ma giovani che spesso si trovano ad affrontare situazioni imbarazzanti, dolorose, offensive: «È solo verso i 21 anni che ho cominciato a comprendere il senso delle parole che mia nonna mi ripeteva da bambina: "Cerca di diventare qualcosa per non essere né carne né pesce". Per una qualsiasi altra bambina italiana queste parole non avrebbero avuto un significato particolare se non quello di diventare grande. Per me, invece, divisa tra una natalità italiana e una faccia scura, che parlava di una terra lontana, la frase da lei pronunciata voleva dire molto di più. (…) Essere un figlio di immigrati, nella società italiana, e per di più "di colore", non è né facile né difficile. È semplicemente una realtà nuova e indefinibile. Siamo italiani, ma le nostre fattezze si presentano ancor prima delle parole, smentendo a primo impatto, qualsiasi appartenenza a questo paese. Allo stesso tempo, quando ci affacciamo alle comunità di origine, la conoscenza frammentaria della cultura e della lingua ci allontana anche da loro. (…) Nasce l’esigenza di una legittimazione di questi nuovi figli d’Italia, con problematiche ed esigenze del tutto nuove. Soggetti fuori da quell’estenuante dialettica è/non è che li vorrebbe per sempre degli ibridi», scrive Lucia sul blog della Rete G2.

Giovani che spesso sono costretti a trovarsi una casa accogliente in un mondo fantastico, in un’Italia da sogno, in una rete in internet: «Con G2 non ho bisogno di affrontare questo problema, il problema non sussiste. I percorsi di vita di ognuno, ciascuno con le proprie peculiarità, sono in sintonia, sappiamo cosa vuol dire crescere in un luogo dove tu ti senti a casa, ma gli altri ti considerano un forestiero. Per questo voglio bene a G2», dichiara un membro sul blog.

Giovani italiani, che non accettano la definizione di “nuovi italiani” ma che affermano con forza e convinzione la loro “novità”: «Mi chiedo – afferma un giovane ragazzo sul blog - se non sarebbe meglio usare…"novità" per il paese, per l’Italia. Una nuova stagione che riguarda tutti/e qui, una stagione che poi cederà il passo a qualcosa di altro, come la primavera cede il passo all’estate». Giovani italiani, che sentono e vivono la nostra italianità: «L’italianità siamo noi, i nostri sentimenti, il modo in cui la nostra testa e il nostro cuore reagiscono agli stimoli esterni. L´italianità è un insieme di ricordi, di sensazioni, di odori, di colori e di sapori. L´italianità è il sentirsi a casa in Italia, perché è questo che l'Italia per noi rappresenta: casa».
5 gennaio 2009


Fonte: http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.as ... te_Arti=46


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Alunni con Cittadinanza Non Italiana
Scuole statali e non statali
Anno scolastico 2006-2007


marzo 2008

Presentazione
L’Unione Europea ha dichiarato il 2008 Anno Europeo del Dialogo Interculturale. Con questa
espressione, l’UE indica le pratiche di ascolto, di comprensione, di confronto tra le diverse culture che oggi convivono in Europa. Il dialogo interculturale non si limita tuttavia alla comprensione e alla conoscenza delle culture altre: è rilettura critica della storia, ricerca di comuni denominatori, creazione di nuove sintesi. L’Unione Europea è cambiata sensibilmente dalla sua nascita, è cresciuta da sei a ventisette Paesi, molte frontiere sono state abbattute, inoltre, grazie a nuovi e vecchi flussi migratori, in molte città europee risuona ormai una grande varietà di lingue.
La diversità culturale può essere una ricchezza per l’Europa presente e futura: ogni espressione culturale, attraverso le tradizioni popolari, le lingue e i dialetti, la musica, l’arte, lo sport possono contribuire a rafforzare la consapevolezza di una nuova cittadinanza ispirata ai principi del rispetto, del confronto, dei diritti e doveri comuni.
Allo stesso modo la presenza di alunni stranieri nella scuola italiana, di cui si da conto, in modo dettagliato, in questa nuova e ricca indagine annuale, può essere davvero un’opportunità e un’occasione di cambiamento per tutta la scuola.
Come è indicato dal documento “La via italiana alla scuola interculturale”, redatto dall’Osservatorio nazionale per l’intercultura (ottobre 2007), adottare la promozione del dialogo e del confronto significa non limitarsi soltanto ad organizzare strategie di integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie, comunque necessarie, di carattere speciale, ma piuttosto assumere l’intercultura come paradigma dell’identità stessa della scuola, occasione di apertura a tutte le differenze (di provenienza, di genere, di livello sociale, di storia scolastica). La presenza di allievi provenienti da tanti diversi Paesi del mondo, o nati in Italia da genitori di origine straniera, dimostra che c’è il mondo in classe, seduto sui banchi di scuola. E se la scuola incontra il mondo, l’avventura dell’educazione davvero può rinnovarsi, per tutti.

Letizia De Torre
Sottosegretario alla Pubblica Istruzione


Leggi il documento: http://www.pubblica.istruzione.it/mpi/p ... ita_08.pdf


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anno scolastico 2006/2007


NOVEMBRE 2007


Leggi il documento: http://www.pubblica.istruzione.it/news/ ... ta_def.pdf


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