Non so se puo' interessare qualcuno, sicuramente questo è marginale ma come dice Paula, se nessuno insiste i ricercatori G2 saranno sempre piu' una specie rara!
Vi posto le risposte datemi dall'ufficio del vicepresidente della commissione europea Frattini e dall'ufficio di Ferrero.
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Dalla commissione europea:
Risposta:
Egregio Dottore,
La ringrazio per il Suo e-mail.
Desidero premettere che la mia risposta non sarà esaustiva sotto alcuni aspetti poiché è la Direzione Generale "Ricerca" che si occupa dei/delle ricercatori/trici. Tuttavia, proverò a darle una prima indicazione. Per Sua informazione, esite un Portale europeo dei ricercatori in cui si possono trovare numerose informazioni:
http://europa.eu.int/eracareers/index_en.cfm?l1=8
Le accludo ugualmente le due direttive comunitarie che reputo saranno di Suo interesse.
Le confermo che da parte della Commissione c'é un grosso sforzo per migliorare tutti gli aspetti della carriera dei ricercatori, dalla selezione alla formazione, alle condizioni di lavoro. E' opportunoprecisare, comunque, che la carta non é vincolante e raccomanda alcuni principi che troveranno applicazione tenendo conto della realtà normativa, culturale, finanziaria dei vari paesi ed istituzioni.
Ci auguriamo quindi che la carta contribuisca a risolvere almeno i problemi più gravi dei ricercatori, soprattutto fra i più giovani.
Per quanto riguarda poi i dottorandi stranieri, essi sembrano esclusi dall'applicazione della direttiva ricercatori (2005/71/EC del 12/10/2005, che gli Stati membri devono trasporre al più tardi entro il 12/10/2007): l'articolo 3(2) recita che questa direttiva non si applica a: "(b) ai cittadini di paesi terzi che chiedono di soggiornare in uno Stato membro come studenti ai sensi della direttiva 2004/114/CE al fine di svolgere attività di ricerca per il conseguimento di un dottorato;"
Questo comma deve essere letto insieme al considerando 12: "Al contempo, si dovrebbero mantenere i canali tradizionali di ammissione (quali assunzione, tirocinio) in particolare per i dottorandi che effettuano ricerche con lo statuto di studenti, i quali devono essere esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva dal momento che rientrano nella direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato."
Di conseguenza, sembra che l'Italia non sia in alcun modo tenuta, secondo l'acquis, a riconoscere ai dottorandi non-europei uno statuto diverso da quello di studente, nello specifico quello di ricercatore. Tuttavia, la direttiva ammette (art. 14 §3) che si possa presentare la documentazione necessaria per ottenere il permesso di soggiorno "ricercatori" quando già legalmente presenti nel paese: ciò significa che un dottorando, se incaricato di un progetto di ricerca che rientra nel campo di applicazione della direttiva, potrebbe presentare tutti i documenti necessari senza dover uscire dal paese (passando quindi da studente a ricercatore, ovviamente se riempie i requisiti richiesti).
E' ugualmente importante sottolineare che la direttiva studenti (applicabile dal 12/01/2007) riconosce il diritto dello studente di lavorare part-time (non meno di 10 ore alla settimana o equivalenti per anno). L'eventuale permesso di lavoro (a discrezione degli stati membri) non dovrebbe costituire nulla di più di una formalità.
Per quanto riguarda i "post-doc", le situazione è più complessa: se il post doc porta all'ottenimento di un titolo riconosciuto, allora si dovrebbe applicare la direttiva studenti. Se invece il post-doc è costituito da un concreto progetto di ricerca presso un ente riconosciuto secondo i termini della direttiva ricercatori, allora ci sarà la possibilità che si applichi la direttiva ricercatori (sempre se tutte le condizioni richieste per usufruire di questo specifico schema siano soddisfatte).
In entrambi i casi, non si tratta di permessi di lavoro, ma di permessi di soggiorno specifici legati ad attività ben definite di studio o progetto di ricerca. Per quanto riguarda poi la possibilità che uno stato membro decida di dare un permesso di lavoro a coloro che fanno un post-doc o a ricercatori che non rientrano nelle condizioni della direttiva, questo ricade ancora nella piena competenza nazionale. Bisogna sottolineare che praticamente tutti gli stati membri hanno già schemi specifici per l'ingresso e soggiorno di ricercatori e/o professori universitari.
Distinti saluti.
Stefano Bertozzi
Member of the Private Office of Vice President Frattini
European Commission
BERL 12/408
Tel. 32 2 29 21 220
Fax 32 2 29 21 349
-----Original Message-----
From: marco
Sent: Tuesday, September 26, 2006 10:51 AM
To: BERTOZZI Stefano (CAB)
Subject: dottorato di ricerca in italia
Salve le volevo chiedere informazioni riguardo le vostre politiche
sull'adesione alla carta europea dei ricercatori e in particolare
sull'attuazione di quest'ultima in Italia.
Infatti in quella carta si prevede che anche le persone impegnate nella
ricerca non a tempo indeterminato (post-doc, dottorati) debbano essere
considerati come lavoratori.
Questo è in netto contrasto con gli extracomunitari che vincono un
dottorato di ricerca con borsa pagata dal ministero ai quali viene
rilasciato il permesso per motivi di studio e li escludono di fatto
dalla richiesta della carta di soggiorno.
A me sembra inaccettabile che un lavoratore dell'università debba avere
meno opportunità di una colf.
Non potete provvedere?
La ringrazio per l'attenzione,
Dall'ufficio del ministro ferrero:
da parte di questo Ufficio si prende atto delle segnalazioni (che saranno sottoposte con ogni cura all'attenzione degli organismi competenti, con la doverosa avvertenza che in base al nostro ordinamento le decisioni che hanno forza di legge sono materia di Governo e Parlamento) e per quanto di propria competenza si forniscono chiarimenti rispetto a quanto già stabilito dalle norme vigenti.
A tale riguardo, si fa presente che le norme contenute nel testo unico sull'immigrazione (D.Lgs. 286/1998 e successive modificazioni) sono disciplinate dal regolamento di attuazione (DPR 394/1999 come modificato dal DPFR 334/2004).
Per quanto concerne le osservazioni sottoposte all'attenzione di questo Ufficio, si fa presente che il permesso di soggiorno per motivi di studio può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro sia nell'ambito delle quote annuali sia in sovrappiù rispetto a tali quote annuali in quanto decurtate dai flussi dell'anno successivo.
Infatti, il regolamento di attuazione, all'articolo 14, comma 5, stabilisce che:
"Fermi restando i requisiti previsti dall'articolo 6, comma 1, del testo unico, le quote d'ingresso definite nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico, per l'anno successivo alla data di rilascio sono decurtate in misura pari al numero dei permessi di soggiorno per motivi di studio o formazione, convertiti in permessi di soggiorno per motivi di lavoro nei confronti di stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al raggiungimento della maggiore età. La stessa disposizione si applica agli stranieri che hanno conseguito in Italia il diploma di laurea o di laurea specialistica, a seguito della frequenza dei relativi corsi di studio in Italia.
Mentre il successivo comma 6 stabilisce espressamente che:
"Salvo che sia diversamente stabilito dagli accordi internazionali o dalle condizioni per le quali lo straniero è ammesso a frequentare corsi di studio in Italia, il permesso di soggiorno per motivi di studio può essere convertito, prima della scadenza, in permesso di soggiorno per motivo di lavoro, nei limiti delle quote fissate a norma dell'articolo 3 del testo unico, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro presso lo Sportello unico, ai sensi dell'articolo 35, comma 1, o, in caso di lavoro autonomo, previo rilascio della certificazione di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico da parte dello Sportello unico, che cura gli ulteriori adempimenti previsti dall'articolo 39, comma 9. La disposizione si applica, anche agli stranieri ammessi a frequentare corsi di formazione ovvero a svolgere tirocini formativi in Italia. In tali casi la conversione è possibile soltanto dopo la conclusione del corso di formazione frequentato o del tirocinio svolto."
Inoltre, l'articolo 27 lettera c), del testo unico sull'immigrazione, relativo ai cosiddetti "casi particolari di ingresso per lavoro" consente l'ingresso per lavoro al di fuori delle quote per "professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incarico accademico o un'attività retribuita di ricerca presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia".
Il regolamento di attuazione disciplina questo caso particolare di ingresso per lavoro, all'articolo 40, comma 6:
"Per il personale di cui all'articolo 27, comma 1, lettere b) e c), del testo unico, il nullaosta al lavoro è subordinato alla richiesta di assunzione anche a tempo indeterminato dell'università o dell'istituto di istruzione superiore e di ricerca, pubblici o privati, che attesti il possesso dei requisiti professionali necessari per l'espletamento delle relative attività."
Dunque, in via di principio nulla impedisce che il dottorando di ricerca extracomunitario in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di studio possa convertire il suo titolo attuale in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato oppure autonomo (cfr. DPCM 15.02.2006, cosiddetto decreto-flussi per lavoratori extracomunitari, artt. 2 e 3). A tale riguardo, deve essere inviata allo sportello unico per l'immigrazione presso la Prefettura-UTG una richiesta di conversione con le procedure descritte sul sito istituzionale del Ministero dell'Interno
http://www.interno.it e sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale + Ministero della Solidarietà Sociale
http://www.welfare.gov.it > sociale > immigrazione.
Dunque, il permesso di soggiorno per motivi di studio (con durata riferita al periodo documentabile di studio) può effettivamente essere trasformato in un titolo di soggiorno per lavoro e chi ha un simile permesso non è - come Lei dice - costretto ad andarsene. La conversione del permesso di soggiorno consentirebbe anzi di prolungare la permanenza in Italia fino ad avere accesso alla sospirata carta di soggiorno (la cui concessione peraltro non dipende soltanto dal tempo complessivo di permanenza in Italia, ma anche da altri elementi documentabili...). Tanto più il permesso di studio può essere utilizzato in quanto (per opportuna informazione), in base alle leggi attuali il permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato può essere rilasciato per la durata di 1 anno (rinnovabile), mentre il permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo indeterminato può essere rilasciato per la durata di 2 anni (rinnovabile); il permesso di soggiorno per lavoro autonomo per la durata di 2 anni (rinnovabile).
Invece sulla questione che il titolo di dottore di ricerca non viene "abbastanza" riconosciuto nel mondo delle imprese come nella "ricerca pubblica", si può senz'altro dire che non si tratta di un problema legato direttamente all'immigrazione, ma riguarda anche i ricercatori italiani che in molte circostanze sono "costretti" ad andarsene all'estero per proseguire le loro attività di ricerca universitaria, scientifica, ecc.
Si parla da più parti del fenomeno di "fuga dei cervelli" all'estero.
Non ci si pronuncia sul fatto che basterebbe "così poco" per risolvere l'enorme questione di chi (italiano o straniero) in qualità di partecipante con borsa di studio ad un corso di dottorato di ricerca dovrebbe essere considerato a titolo di legge come un lavoratore subordinato... (dunque, a titolo di legge, con relativo CCNL, contributi previdenziali ed assistenziali, ferie, trattamento di fine rapporto, indennità di malattia, indennità di maternità, astensione dal lavoro, ecc.). Per esperienza diretta, non risulta che i partecipanti (italiani o stranieri) ad un corso di dottorato di ricerca organizzato da una università italiana siano equiparabili ai lavoratori dipendenti di un'azienda privata o di un apparato pubblico. Le implicazioni sarebbero molto vaste e riguarderebbero comunque le organizzazioni sindacali, le agenzie pubbliche di contrattazione, il Ministero dell'Economia, il Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale, il Ministero dell'Università e Ricerca, ecc.
Per quanto poi il dottorando di ricerca extracomunitario, per il quale si dovrebbe sancire la condizione di lavoratore subordinato, la questione riguarderebbe anche i profili giuridici (giuslavoristici) del rapporto stabilito con l'Università in cui sta "studiando".
Infine, si fa presente che in base alle dichiarazioni delle autorità politiche di Governo l'attuale normativa in materia di immigrazione dovrebbe subire profonde ed urgenti modifiche che saranno sottoposte alla discussione ed alla valutazione del Parlamento.
Distinti saluti.
-----Messaggio originale-----
Inviato: martedì 26 settembre 2006 11.48
A: Canetri Claudio
Oggetto: dottorando di ricerca extracomunitario
Salve,
le volevo sottoporre un problema che voi potreste risolvere sepmlicemente.
Attualmente se un cittadino extracomunitario vince un dottorato con
borsa pagato dal suo ministero ha diritto ad un permesso di soggiorno
per motivi di studio.
Io, per mia esperienza diretta, le assicuro che questo è un altro modo
per far scappare le migliaia di giovani extracomunitari che spesso pur
avendo studiato qui dalle scuole medie o anche prima, devono trovare un
lavoro prima della scadenza del loro permesso di soggiorno ovvero della
fine del dottorato. Che spreco di risorse umane, di soldi per non
parlare del bassissimo livello di civiltà e dell'incredibile assenza di
lungimiranza dello stato!!!
E' incredibile che chi è in grado di fare lavori che potrebbero
permettere la crescita di questo paese (ricercatori o, in generale,
persone altamente qualificate) vengano messe nelle condizioni di
doversene andare perchè lei sa bene che il titolo di dottore di ricerca
non viene abbastanza riconosciuto nè nel privato nè tantomeno nella
ricerca pubblica (e ho letto che di questo assurdo lei ne è a
conoscenza). Dall'altra parte chi ha un contratto da badante (mestiere
come tutti i mestieri onorevolissimo e utile) puo' arrivare ad ottenere
la carta di soggiorno e cioè un permesso di soggiorno di lunga durata
in modo relativamente facile (non fraintenda, questo lo trovo giustissimo).
Pertanto quello che la prego di osservare è che basterebbe cosi' poco
per fare una legge per cui chi vince un dottorato con borsa e ha quindi
un contratto con il suo ministero (formalmente non è un contratto, ma di
questi tempi tre anni a 830 euro al mese non sono pochi) possa avere
almeno un permesso di soggiorno per motivi di lavoro che poi puo'
scaturire in un permesso di piu' lunga durata (carta di soggiorno) che
mi sembra non solo una cosa "da paese civile" ma anche una risorsa che
sfruttiamo nel senso migliore del termine e di cui abbiamo un notevole
bisogno.
Confidando nella sua attenzione,
Marco