domanda alla quale, le risposte tendono a sovrapporsi una dopo l'altra, ma ogni "risposta" non coglie a pieno l'essenza della domanda. (parlo di me)
da cosa nasce la paura del "diverso"? (..) chi ha paura del "diverso"?
si vuole aver paura del diverso?
la semplicità del mio pensare mi dice che... la paura del "diverso", dello straniero nasce da episodi, da shock, il diverso parte "svantaggiato" con un pregiudizio, a differenza da chi è "più simile". si sottolinea quindi l'aspetto esteriore di primo impatto, dovuto ad un proprio passato in cui la "multiculturalità" è assente.(se fin da piccoli quindi si cresce con "il diverso" il pregiudizio si attenuerà). dipende quindi da esperienze passate o assenza di esperienza con "ciò che non conoscono/conoscono per motivi negativi".
penso che entri in "gioco" un discorso legato alla fiducia nel prossimo che si divide in 2 "valori". fiducia per chi è simile a te e fiducia per chi è "diverso" da te, con valori gerarchici ovvi.
perche le persone alla fine spesso accettano la generalizzazione? una frase che mia madre dice è "per colpa di uno dobbiamo pagare tutti"... che richiama un processo mentale di abbinamento. ma perche? io che sono/mi sono "stato"abituato a nongeneralizzare, forse perche figlio di una discriminazione generalista, non riesco a capire perche per il torto di uno, in alcune persone si debbano creare meccanismi di "difesa" che creano questo sentimento comune. come se fosse una "scusa", un movente, per dar voce ad un sentimento viscerale di "difesa della specie", del branco, come se in qualche modo esistesse uno spazio vitale da difendere.
perche si cede facilmente alla generalizzazione "gli albanesi sono tutti ladri" "i sudamericani sono tutti ubriaconi" "i neri sono tutti degli sfaticati" ecc...
perche si presume di avere la certezza nel definire queste cose.
quando parli con queste persone ti dicono poi "quelli che ho visto io.. quelli che ho incontrato... " come se avessero avuto la sfiga di incontrare solo criminali scansafatiche e ubriachi...
si può andare avanti per molto a parlare, ma il discorso assume spesso e volentieri quasi carattere ridicolo dove si palesa il suo voler restare di quell'idea, magari concedendoti delle attenuanti.
è solo il discorso che l'uomo avvolte ha bisogno di trovare la colpa dei suoi mali? e quindi se qualcosa va male nella sua vita, nel suo paese, nella sua città, la cosa più visibile è il diverso?
quindi si da credito all'idea che un gruppo "omogeneo" culturalmente ed etnico, non possa degenerare in azioni di carattere criminoso o lesivi della sensibilità comune, che quindi l'ambiente non giochi un ruolo di peso nella scelta tra delinquere o no, nell'ubriacarsi o no...
è una questione culturale quindi? ergo esistono allora stati di scansafatiche? di ubriaconi di ladri? uhm... la maggior parte?
l'uomo come tale non ha bisogno di cose "simili".. una base di necessità uguale per tutti, e forse l'unica distinzione è il come raggiungere quello stadio "stazionario"?
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