La regione Emilia Romagna cresce grazie agli immigrati (e ai figli di immigrati)
UNA NUOVA primavera demografica attraversa l’Emilia Romagna. Dopo il boom di nascite del dopoguerra e la preoccupante flessione di inizio anni 90, la popolazione è aumentata negli ultimi dieci anni di 285 mila unità, passando dai circa 3,9 milioni di residenti del 97 ai 4,2 milioni del 2007: più 7,2%. L’imprevedibile impennata è riportata nel nuovo “Quadro demografico dell’Emilia Romagna”, curato dal servizio di controllo strategico della Regione. Lo studio ha sottoposto ai raggi X la popolazione, confermando una tendenza che già era negli occhi di molti. In regione ci sono oltre 115 mila bambini da zero a sei anni, con un aumento percentuale rispetto al 97 del 35,9%; 111 mila bambini, tra i tre e i cinque anni (+28,9%); 174 mila da sei a dieci anni (+24,9%). L’anno scorso, i nuovi nati sono stati quasi 40 mila, con un incremento del 30% in un decennio. Il 17% di loro ha entrambi i genitori stranieri. La crescita della popolazione, seppur generalizzata, varia però a seconda delle province: al primo posto Reggio Emilia (+15,4%); poi Rimini (+10,5%) e Modena (+9,2). A Bologna l’aumento è stata del 5%. Il boom delle nascite ha visto come fattore decisivo l’incremento degli stranieri nel territorio (sono il 7,5% dei residenti). Se una donna italiana ha in media 1,37 figli a testa, per le mamme straniere si arriva invece a 2,56. Complessivamente, la media regionale si attesta così sull’1,37% (dieci anni fa era inferiore all’1%). Rimane stabile da circa un trentennio il numero dei morti (45 mila), ma è vero che la differenza tra nascite e decessi diminuisce progressivamente, portando a un generale ringiovanimento della popolazione. L’età media in regione è infatti di 42 anni, ma è pur vero che gli over 65enni sono più di dieci anni fa. E sono oltre 300 mila, le persone che hanno superato le 80 primavere. «Questo pone alcuni problemi - dice il vice presidente della Regione Flavio Delbono -. Per la prima volta nella storia della nostra regione c’è un grande addensamento di popolazione nei due estremi: i primi tre anni di vita e gli ultimi cinque». In prospettiva, spiega Delbono, «bisogna adeguare a questi dati il sistema del welfare». I piccoli e gli anziani sono infatti i più bisognosi di cure e di assistenza medica. Servono nuovi asili nido e case di accoglienza. Anche perché la gran parte degli over 85 sono donne e vivono da sole. Un trend che il cambiamento del modello familiare e la lontananza dei figli dalle città o dai paesi di origine non può che confermare.
da L'unità di Bologna
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