Forum della Rete G2 – Seconde Generazioni

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MessaggioInviato: 28 nov 2007, 14:30 
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In prima pagina di Metropoli di Repubblica del 25 novembre c'è la foto e titolone "La battaglia di "G2 arriva al Quirinale". All'interno c'è un paginone dedicato al Workshop nazionale organizzato dalla rete G2 - Seconde Generazioni, alcune storie dei partecipanti e per spalla un commento in prima persona di un altro dei partecipanti.

E ci sono anche alcune foto (compresa quella di gruppo) realizzate da Domenica Canchano.


Sogni, speranze e amarezze la sfida dei ragazzi di "G2"

Paula Baudet Vivanco

"Un Paese nuovo, ottimista, che sia capace di guardarsi allo specchio riconoscendosi in tutti i suoi figli, anche in quelli spuntati come fiori che resistono al vento delle avversità". Così sognano l'Italia le seconde generazioni, che hanno voglia di incontrarsi, crescere non solo per numero (secondo la Fondazione Agnelli saranno un milione a gennaio 2008) ma anche per qualità. Per questo i figli dell'immigrazione, dalle tante origini e provenienti soprattutto dalle città del Centro e del Nord, si sono dati appuntamento in un workshop nazionale organizzato a Roma dalla rete G2: sabato 17 novembre un centinaio di ragazzi e ragazze, nonostante il freddo calato sulla capitale, si sono radunati nella scuola statale Di Donato. Invitati speciali i figli di immigrati cinesi di AssoCina e l'associazione Giovani musulmani d'Italia, le altre due realtà di seconde generazioni che come G2 hanno uno sviluppo nazionale. A volte speranzosi, spesso amari ma mai rassegnati -- dopotutto la loro età ancora non glielo consente -- raccontano un'Italia confusa: "Pensano sempre che sei appena arrivato, ma io qui quasi ci sono nato", assicura Lin Lin. Oppure meditano su un'Italia paranoica: "Cavolo, i giornali tirano sempre fuori la famosa paura, ma siamo noi con il sedere per terra! Se mi scade il permesso e non riesco a rinnovarlo? Mi rimandano a forza in un altro Paese che praticamente non conosco!", esclama Queenia Pereira de Oliveira, origini brasiliane e nigeriane. Sentono anche molto forte la responsabilità nei confronti del padre o della madre: "Loro hanno meno strumenti rispetto a noi", sostiene Gioia Kidane, e alcuni si vedono addirittura come mediatori sociali, anche perché hanno fatto fin da piccoli da ponte linguistico per i genitori. Allo stesso tempo altri non sono compresi del tutto dalle famiglie: "Pensano che dobbiamo per forza essere come loro, lavorare e non pensare ad altro. Per loro metterci insieme e cercare di migliorare le cose attraverso G2 è fatica sprecata", dice Brahim Houanti, origini marocchine. L'attenzione di molti si rivolge soprattutto alle leggi "ancora cieche e che ci costringono a restare come italiani col permesso di soggiorno". Tutti sentono l'urgenza di lavorare sull'immagine dei figli di immigrati, di far capire che l'Italia potrebbe anche migliorare grazie alla loro presenza, alla loro partecipazione diretta "perché non bisogna dare per scontato che qui si creino le banlieues francesi". Per questo "bisogna imparare a lavorare con i media, anche pensare a una nostra trasmissione tv", dice Domenica, origini peruviane, e allo stesso tempo rendere più consapevoli i fratelli e sorelle più piccoli "a partire dalle scuole", suggerisce Ambra, 14 anni, la più giovane ad intervenire. Il prossimo workshop G2 sarà nel 2008, ma prima "puntiamo a uscire dall'invisibilità tutti insieme -- dice Lucia Ghebreghiorges, origini etiopi, una delle portavoci di G2 -- attraverso un'iniziativa pubblica che agli inizi del 2008 appoggi la riforma della legge sulla cittadinanza italiana. Per sostenere la parte della riforma che riguarda noi figli di immigrati nati in Italia o nei Paesi di origine, ma tutti cresciuti qui". Forti ormai anche delle parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che nel ricevere l'appello della rete G2 in occasione della Giornata nazionale per l'Infanzia, ha dichiarato che "la legge sulla cittadinanza è troppo restrittiva, bisogna aprire canali nuovi di accesso per tanti ragazzi e tanti giovani, figli di immigrati". (25 novembre 2007)


Ultima modifica di G2 il 28 nov 2007, 14:40, modificato 1 volta in totale.

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Questo l'articolo spalla scritto da uno dei partecipanti al Workshop G2 2007.

Io italiano in tutto, indiano nei diritti
Jaskarandeep Singh

Varco il "confine" ogni mattina quando esco di casa, saluto mia mamma in italiano o in punjabi (lingua dell'India settentrionale), ogni tanto saluto a mani giunte davanti all'effigie dei nostri Guru, ed esco. A quel punto sono in Italia. E sono Italiano. La mia lingua è l'italiano, i miei discorsi sono più o meno quelli di un italiano della mia età (ma a differenza di questi io non parlo e non mi interesso di calcio, non sfoglio la Gazzetta dello sport, leggo piuttosto Repubblica o Internazionale), i miei desideri sono quelli di un italiano, i miei sogni sono quelli di un italiano ma forse si spostano un po' più in là e un po' più su rispetto ai confini tradizionali di un comune sognatore italiano. Anch'io, come qualsiasi mio coetaneo, ogni tanto esclamo "I cinesi ci stanno invadendo!". Però adoro guardare i volti di questi "stranieri" che non si pongono il minimo problema sull'esserlo o meno; mi piace ascoltare la musicalità dei loro accenti, dal cinese al marocchino, dall'albanese al romeno. In Italia sono italiano, se non quando mi viene chiesto "Di dove sei?". Vorrei rispondere "sono di Città di C...", ma constato che non è questo che vogliono sentirsi dire, e allora sommessamente rispondo: "Sono indiano". Sono italiano se non quando faccio la fila assieme ad altri "stranieri" davanti alla questura; quando all'aeroporto la mia fila non è quella per gli "italian citizens", ma quella dei "foreigners"; quando seguo attentamente tutta la campagna elettorale, ma non posso andare ad esprimere il mio voto; quando le mie possibilità di lavoro, carriera, spostamento sono compromesse dalla mia nazionalità; ed in altre occasioni come queste. Comunque, il mio rapporto con la comunità di appartenenza dei miei genitori, ovvero quella punjabi, è quasi nullo. Purtroppo, o per fortuna, viviamo in un luogo dove questa comunità è pressoché assente. Così i miei genitori sono praticamente il mio unico rapporto con le mie origini. Ed è un rapporto flebile, basato sulla lingua, sulla cucina -- spesso combatto ardue battaglie per convincere mio padre a non usare curry o altre "masala"(spezie) nei piatti italiani -- e su poche altre cose. Con loro so che di certe cose non si può parlare, e che altre cose loro non le possono capire (per limiti linguistici miei e loro, cultura, interessi, eccetera). Io non so bene cosa mi renda diverso da un italiano. E probabilmente neanche un italiano sa bene cosa lo rende diverso o "straniero" rispetto a un altro italiano, o rispetto a un altro "straniero". Ad ogni modo mi risulta molto più naturale individuare cosa agli italiani mi accomuna. Viviamo talmente atomizzati in questa società (il vivere fuori dalla loro comunità equivale, per i miei genitori, a non avere rapporti col mondo, dato che i rapporti con i loro amici/colleghi italiani sono inesistenti per il non sentito bisogno, da entrambe le parti, di crearli) che non sappiamo neanche che vita facciano i nostri vicini di casa, che problemi abbiano o cosa pensino di noi. Siamo un po' tutti "stranieri" qui in Occidente, ma per le istituzioni siamo stranieri a livelli diversi: le "caste" le fanno le istituzioni perché, se qualcuno deve stare meglio, qualcun altro dovrà necessariamente stare peggio; e se qualcuno deve avere più diritti, qualcun altro, per forza di cose, dovrà averne meno. (25 novembre 2007)


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MessaggioInviato: 28 nov 2007, 14:36 
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Queste le 4 storie di figli di immigrati che hanno partecipato al Ws G2 o all'incontro in Quirinale della rete G2 con il presidente Giorgio Napolitano

Ian

"Quando mi hanno preso le impronte digitali per il permesso mi sono indignato: a un figlio di italiani, a un mio compagno di scuola, non l'avrebbero mai chiesto, così, senza essere colpevole di niente. Non me l'aspettavo, ma alla fine non ho protestato anche perché i miei genitori mi hanno chiesto di fare tutto quello che mi dicevano alla questura: loro sono abituati così perché non vogliono rischiare di perdere il rinnovo del soggiorno". Ian, 17 anni, nato a Roma, è un adolescente alto alto, serio e non noioso, dalle lunghe dita "sì, me lo dicono tutti che ho le mani da pianista" sorride con l'aria di chi la sa lunga. Ha la passione per le materie umanistiche ma frequenta il liceo scientifico Newton di Roma. "La scelta è stata di mia mamma", dice. La curiosità e un certo senso della giustizia l'hanno avvicinato alla rete G2 e così ha guidato la delegazione delle seconde generazioni che il 20 novembre ha incontrato il presidente Napolitano e che ha fatto breccia nel cuore della massima autorità dello Stato. I pensieri di Ian vanno spesso al futuro: ai 18 anni che gli permetteranno l'autonomia sulla carta dai genitori e forse anche la cittadinanza italiana. Scherzando la chiama "la data della mia liberazione". (25 novembre 2007)

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Xiaoxiao

Xiaoxiao, 21 anni, origini cinesi, ha fatto tutte le superiori in un Istituto per il Turismo e ora frequenta il primo anno dell'Università Ca' Foscari di Venezia. "Sono una pendolare per studio, del corso di Lingue e istituzioni economiche e giuridiche dell'Asia", dice. E' scesa dal Nord Est, dopo essere entrata in contatto prima con la rete AssoCina e poi con G2, "per sentirmi meno sola e isolata e più vicina agli altri figli di immigrati". Per lei nella provincia di Treviso si vive bene, "mi piace perché è una città d'arte". Confessa che con i genitori "non c'è molta comunicazione". "Mia madre è casalinga e mio papà muratore e non hanno molte occasioni di parlare l'italiano -- dice . Hanno fiducia in me, ma sanno poco del mio interesse per realtà come la rete G2. Non capirebbero fino in fondo". Pochi gli episodi diretti di razzismo da raccontare , "si tratta più che altro dei soliti ragazzi che girano e ti trattano male senza ragione". Ma poi Xiaoxiao ci pensa su e conclude sinceramente: "più che altro a Treviso hanno un po' un caratteraccio e vanno tutti di fretta. Si innervosiscono se, ad esempio, non parli bene l'italiano e li rallenti. Se non corri anche tu, si irritano un po'". (25 novembre 2007)

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Brahim

Quest'anno l'obiettivo più importante di Brahim è la maturità. "E' vero che in prima superiore e poi in terza mi avevano bocciato, la seconda volta perché lavoravo contemporaneamente in pizzeria, ma ce la posso fare. Che vuoi che sia, basta studiare, no?" e sorride apertamente. Certo l'entusiamo non manca a questo ragazzone di 20 anni dall'accento bolognese ("E' lì che sono cresciuto prima di trasferirmi a Imola") e dalle spalle larghe, "molto utili quando ero più piccolo e dovevo strapazzare il mio grande amico Youness o difendermi a scuola". Brahim la cittadinanza italiana ce l'ha già, ma questo non lo risparmia da "apprezzamenti" pesanti: "La cittadinanza l'hanno presa i miei quand'ero piccolo. Eppure capita che mi chiamino ancora marocchino di mer...". Alcune cose fa fatica a digerirle: "L'altro giorno, ad esempio, dei poliziotti mi hanno fermato per un controllo e non riuscivano a crederci che ero italiano visto il mio nome e che non sono nato in Italia. Insistevano perché tirassi fuori il permesso di soggiorno". Per lui la missione di G2 è anche cambiare la mentalità dell'Italia, "abituarla alla nostra esistenza" e per questo c'è bisogno di iniziative che coinvolgano più persone "a cominciare dalle feste, ma anche andare a parlare nelle scuole". (25 novembre 2007)

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Issi

La prima cosa che si nota di Issi, mediatore culturale ad Arezzo dove vive da 11 anni, è l'acuta ironia, che usa continuamente per raccontare aneddoti della sua breve vita, tant'è che sembra più grande dei suoi 24 anni. Una delle sue storie preferite è quella di quando suo zio si fece due mesi di carcere perché permetteva al nipotino di 6 anni di guardarsi in tv il cartone animato giapponese "L'uomo tigre" quando vivevano a Valona e il regime albanese era agli sgoccioli. In sè la storia non è certo delle più allegre, ma con il suo sorriso non puoi non coglierne la comica assurdità. Issi, torna serio quando si parla di G2, alla quale si è avvicinato: "per l'importanza che la rete ha dato alla partecipazione diretta nel dialogo con le istituzioni. Anche perché, a forza di continuare a delegare ad altri le nostre vite, rischiamo di restare per altri anni con il sedere per terra". A colpirlo di G2 è che, "mentre si parla di quanto i giovani siano lontani dalla politica proprio un gruppo di ragazzi abbia deciso che invece la politica deve essere uno strumento da usare". "E questo per l'ansia che le seconde generazioni hanno di essere pienamente riconosciute come figli dell'Italia e non solo come figli di immigrati", conclude. (25 novembre 2007)


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MessaggioInviato: 29 nov 2007, 18:50 
G2 regolarizzato

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allora: domenica ero ad Ottiglio, paesino disperso nel monferrato a fare un mercatino natalizio.
avendo iniziato molto presto, il mio fidanzato decide di andare a prendere il giornale, quindi io gli grido: prendi Repubblica, così c'è Metropoli!

invece niente: sembra che a Ottiglio Metropoli non arrivi.

come è possibile? credo che proprio in posti così Metropoli dovrebbe essere obbligatoriamente venduto ai già pochi che in paese leggono Repubblica: si può fare qualcosa???
:roll:
baci, baci


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MessaggioInviato: 29 nov 2007, 20:46 
G2 con doppia cittadinanza
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Messaggi: 1848
Località: provincia di Perugia
Se si può far arrivare Metropoli nel posto in cui dici, te lo potrà dire Paula (penso che non sia impossibile; anche a me piacerebbe che fosse distribuito gratuitamente - come avviene in molti luoghi - al phone center di un amico pakistano di CdC...Paula illuminaci!).

Però una cosa che possono fare tutti è scaricarsi il giornale in formato Pdf dal sito di Metropoli; solitamente i file Pdf vengono aggiunti 2-3 giorni dopo la domenica, giorno d'uscita del giornale.

Ad esempio, la pagina in questione, dedicata al Workshop G2 2007 la potete scaricare da questo link:


http://data.kataweb.it/storage/periodici/metropoli/pdf/2007038/MET_10_11.pdf


saluti


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MessaggioInviato: 03 dic 2007, 12:20 
Extra terrona
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Località: roma
si può chiedere ma non è detto che sia sicuro :cry:

p.s.: per il phone center da te, ahimsa, avevi già provato a chiedere?


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