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MessaggioInviato: 11 gen 2010, 17:00 
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Il ministro dell'Istruzione: "Sono circa il 37%. Le critiche? E' un provvedimento ragionato"

Il Pd: "Questo significa che vanno considerati come italiani a tutti gli effetti"
Gelmini: "Esclusi dal tetto delle classi gli stranieri che sono nati in Italia"


ROMA - Dal tetto del 30% fissato per classe per gli studenti stranieri saranno esclusi i nati in Italia, che sono circa il 37%. Dopo le poemiche il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, torna sulla misura prevista per il prossimo anno scolastico. Ribadendo, invece, che gli studenti stranieri che saranno in sovrannumero nelle classi (oltre il tetto del 30%) potranno essere trasferiti da una struttura scolastica all'altro. Secondo la Gelmini, comunque, i problemi saranno minimi e gli spostamenti saranno brevi, al massimo da quartiere a quartiere. Il ministro ha pure sottolineato che per l'integrazione degli studenti stranieri sono stati stanziati 20 milioni di euro per potenziare le classi d'inserimento.

Con il tetto del 30% si è detto "assolutamente d'accordo" il ministro dell'Interno, Roberto Maroni: "E' necessario distinguere tra le politiche di integrazione, che sono giuste, necessarie e sacrosante ed il fatto che può essere dannoso per tutti mettere insieme bambini che parlano lingue diverse e che non hanno un equilibrio comune nella composizione della classe". Critico il Pd che per bocca del deputato Andrea Sarubbi avverte: "Escludere dal tetto del 30% gli studenti stranieri nati in Italia significa riconoscere di fatto che chi è nato da noi e frequenta le nostre scuole deve essere considerato italiano al pari dei propri compagni di classe, a prescindere dal colore della pelle o del suono esotico del proprio cognome". Mentre per Francesca Puglisi, responsabile scuola dei democratici la differenziazione proposta dal ministro "vi sono quartieri dove la densità di cittadini immigrati rende comunque inapplicabile il tetto del 30%".

Secca la replica del ministro: "Anche il maestro unico sembrava un disastro per la sinistra ed invece non è stato così. Questo del tetto è un provvedimento studiato e ragionato, non creerà discriminazioni. Faremo una verifica del provvedimento a medio termine e faremo una valutazione".

(10 gennaio 2010)


Fonte: http://www.repubblica.it/scuola/2010/01 ... i-1900646/


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MessaggioInviato: 11 gen 2010, 17:01 
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Italiani di fatto

Gennaio 11, 2010

Cercherò di non essere ideologico, perché – come al solito – la ragione non sta tutta da una parte e, se pure così fosse, non è detto che quella parte sia per forza la nostra. Prevedere un tetto per gli alunni stranieri in una classe non è, in sé, un’idea folle, perché chi ha bazzicato alcune scuole di certe zone d’Italia (non la terza liceo classico dei Parioli, per intenderci, ma magari una seconda media di Mantova) non può scandalizzarsi se Mariastella Gelmini parla del “diritto allo studio degli studenti italiani”: provaci tu a leggere Ariosto in una classe dove metà dei tuoi compagni non capisce l’italiano corrente. Ma c’è un ma, naturalmente. Anzi, ce ne sono parecchi. Il primo è di ordine pratico: se in una zona i figli di immigrati superano il 30%, dove li mando a studiare? Se sei in città, vai nella scuola accanto (ammesso che lì il tetto non sia stato superato); se sei fuori, è più complicato. In ogni caso, mi pare evidente che respingere le iscrizioni dei bambini (e dirottarli altrove, magari in posti non facilmente raggiungibili) sia un incentivo enorme alla dispersione scolastica: se mandare a scuola mio figlio è troppo complicato, insomma, lo tengo a casa. Non è giusto, naturalmente, ma accadrebbe, soprattutto in famiglie con bassa scolarità, e mi piacerebbe sapere come il governo intenda risolvere il problema. Poi c’è un’altra cosa che mi viene in mente, e magari è una fesseria ma ormai l’ho pensata: va bene il problema linguistico dei bimbi stranieri, ma non deve essere facile leggere Ariosto neppure nel rione Sanità, dove i guai con l’italiano corrente derivano dal fatto che metà dei bambini pensa, parla, scrive e sogna solo in napoletano. La questione seria, dunque, non è il tuo luogo di nascita o la tua origine familiare, ma piuttosto il tuo livello di alfabetizzazione: un concetto semplice semplice, che il povero Marco Campione sta cercando di spiegare da una vita sul suo blog e che ogni volta gli tocca rispiegare, perché evidentemente in viale Trastevere Champ’s version non si legge. Come parli italiano, caro Abdul? E tu, caro Gennarino? Non è che ci voglia molto a scoprirlo: a Torino, per dire, lo fanno già da tempo, e dividono le classi in base a questo criterio, cercando in ognuna un equilibrio tra competenze linguistiche diverse. Anziché prendere esempio da quello che funziona già, il ministro ha introdotto la categoria generica di studenti stranieri, per poi accorgersi subito dopo che non stava in piedi: dalla quota del 30%, ha spiegato ieri a Lucia Annunziata, vanno esclusi i bambini che sono nati in Italia, perché tra loro e gli italiani-di-razza non c’è nessuna differenza. Ho dovuto rileggere la frase sulle agenzie tre o quattro volte, perché non ci credevo: senza accorgersene, la Gelmini ha ammesso che chi nasce e cresce in Italia è di fatto un italiano, indipendentemente dalla provenienza geografica di mamma e papà. Che poi è quello che la nostra proposta di legge sulla cittadinanza sostiene da tempo, ma che il testo base presentato da Isabella Bertolini ignora. Già in Commissione Cultura, se ricordate, li mandammo sotto con una maggioranza trasversale, aiutati dalla presidente Valentina Aprea che definì i minori “una specie diversa”; ora che anche il ministro dell’Istruzione si è convertito allo ius soli, ho commentato oggi in un’intervista sulla Stampa, il Centrodestra non può più far finta di niente.


Font: blog di Andrea Sarubbi http://andreasarubbi.wordpress.com/2010 ... -ius-soli/


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MessaggioInviato: 13 gen 2010, 00:53 
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Scuola, Gelmini: “Tetto al 30% per gli stranieri”

di Lubna Ammoune

Tutte le note, le discussioni, le osservazioni, i provvediamenti e le ricerche che riguardano la scuola sono degne della massima attenzione e richiedono solo buon senso. La scuola, come la famiglia, è il luogo dove noi, cittadini prima di essere studenti, ci formiamo e veniamo accompagnati da maestri in un iter che non si riduce solo alla didattica, ma che va ben oltre. Da una classe sana nascerà una società sana.

In questi giorni si sta discutendo della nota del ministro Gelmini e non mi sento di dare giudizi, anche perché il provvedimento in toto non è ancora stato reso noto. Mi sembra ragionevole e intelligente l’intenzione di non creare scuole ghetto, oltre a quella di risolvere l’allarmismo che si crea tra genitori di bambini italiani doc che per evitare inserimenti in classi a maggioranza straniera corrono ai ripari verso scuole di altri quartieri. Sarebbe semplice parlare solo in e di questi termini, ma la questione è più delicata. Prima di tutto penso sia rischioso parlare in maniera generica della scuola italiana. Esistono scuole italiane ed è bene soffermarsi sulla composizione demografica dei quartieri. Ho frequentato la scuola pubblica, dal primo all’ultimo livello e nelle mie classi non c’è mai stato un numero superiore a quello indicato come tetto nella nota.

La questione riguarda soprattutto la definizione di straniero. Coloro che risultano stranieri sulla carta non lo sono nella realtà. Molti bambini, figli di immigrati, sono nati e cresciuti nel nostro Paese ma potranno richiedere la cittadinanza al compimento dei 18 anni. In Francia e in Germania risultano europei nel momento in cui nascono e diventano francesi e tedeschi a tutti gli effetti, mentre qui molti vivono per 20 anni in un limbo, stranieri a casa loro. Nel dibattito aperto si è fatta una distinzione tra chi è nato e cresciuto qui e chi è appena arrivato? Quasi la metà dei bambini definiti stranieri a Milano sono in realtà nati in Italia. Classi a maggioranza straniera sono casi limite e sono situazioni di disagio in quartieri di periferia a cui si aggiungono altre problematiche. Sono situazioni rare, ma che vanno gestite opportunamente con provvedimenti mirati e specifici, non generici e dispersivi. Non è forse il caso di concentrarsi di più su questi casi limite, proponendo corsi intensivi di lingua italiana e affiancando agli insegnanti ragazzi di seconda generazione e mediatori linguistici e culturali? Questi bambini detti stranieri vengono sempre visti come un peso e suscitano parole come emergenza e allarme. Ma perché non ci chiediamo invece cosa i nostri ragazzi possono imparare da loro? Anziché rallentare l’iter scolastico potranno arricchirlo, se solo capiamo, insieme, come valorizzare la loro presenza.

Afef Hagi, un’etnopsicologa, ha illustrato le potenzialità dei bambini che vivono tra due culture e tra queste emergono strategie percettive, manipolazione di simboli linguistici, creatività verbale e non, controllo cognitivo, analisi delle informazioni e loro relazione. Una lezione che già molte scuole hanno saputo apprendere, insegnare e rendere punto di forza ed elemento di eccellenza. Ne è un esempio il mio percorso al liceo scientifico Alessandro Volta, esperienza che mi accompagna e di cui vado fiera. Le nostre classi sono specchio della società di oggi, solo in un ambiente armonioso e ricco di differenze i nostri ragazzi sapranno vivere al meglio oltre i banchi di scuola.


Fonte: http://blog.vita.it/yalla/2010/01/09/sc ... stranieri/


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