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Stranieri a scuola, uno su tre non capisce bene l'italiano
Indagine tra gli immigrati che frequentano le superiori di Parma e Reggio Emilia: un'altissima percentuale non possiede le competenze linguistiche per poter seguire le lezioni. "Un problema spesso disconosciuto, che colpisce anche le seconde generazioni". Più a rischio cinesi e indiani.
Dalle redazioni locali di Repubblica le storie d'immigrazione e integrazione
di Maria Chiara Perri
Jun ha sedici anni, occhi a mandorla e capelli neri arruffati in testa. E’ arrivato dalla Cina due anni fa e frequenta il primo anno di un istituto professionale. Segue corsi di elettrotecnica, italiano, matematica, inglese, diritto, storia, scienze. Quando gli insegnanti spiegano, lui sta in silenzio al suo posto, non fa baccano come i suoi compagni italiani. I docenti non si lamentano di certo. Ma ogni interrogazione di Jun è una scena muta, i suoi compiti scritti non raggiungono mai la sufficienza. Jun infatti non sa l’italiano a un livello sufficientemente avanzato per poter seguire una lezione. Può andare a comprare il pane, ma non può studiare. E tutti i ragazzi cinesi arrivati in Italia da meno di due anni e mezzo sono nelle sue stesse condizioni.
Questo è solo uno dei risultati di una ricerca di Marco Mezzadri, docente di Didattica dell’italiano all’università di Parma, effettuata su 1911 studenti stranieri che frequentano gli istituti superiori di Parma e Reggio Emilia, concentrati soprattutto nel biennio. Un campione consistente che comprende ben 72 nazionalità, con un 15% di ragazzi nati in Italia da genitori immigrati. Ai giovani è stato sottoposto un questionario per testarne il livello di competenze linguistiche in un contesto scolastico. E’ stato chiesto loro di prendere appunti in italiano, di rispondere a domande su un testo scritto o dopo una breve spiegazione dell’i nsegnante. Ne è uscita una fotografia dettagliata del problema dell’ integrazione linguistica degli studenti stranieri, definito dallo stesso ricercatore “un’emergenza nazionale. In 25 anni nella scuola italiana ben poco è stato portato a sistema, nonostante ogni anno ci sia un aumento di 50.000 studenti immigrati. Ad oggi gli stranieri nelle scuole italiane sono oltre 600mila”. Con un’a ltissima percentuale che può solo scaldare il banco: solo un ragazzo su tre infatti raggiunge il livello intermedio/alto di conoscenza dell’italiano, quello che permette di poter stare in classe con autonomia, di seguire la lezione ed essere produttivi nello studio. Percentuale che negli stranieri cosiddetti di seconda generazione è del 25%. Altissima, se si pensa che sono ragazzi nati e cresciuti in Italia: “E’ un dato eclatante – commenta Mezzadri – su 285 giovani di seconda generazione 128 frequentano gli istituti tecnici, 135 i professionali e 15 istituti misti. Solo 7 il liceo. Questo significa che sul piano delle pari opportunità sono incredibilmente penalizzati”. Da una parte questi ragazzi scontano l’esclusione sociale di famiglie a basso reddito e poco integrate. Dall’altra parte, il problema linguistico: molti parlano italiano a un livello poco più che elementare. Con rilevanti differenze a seconda dei Paesi di provenienza: “Chi parla lingue affini all’i taliano ha molte meno difficoltà nell’integrazione scolastica – spiega Mezzadri – mentre l’esclusione linguistica pesa moltissimo su cinesi e indiani”. Anche in questo caso parlano i numeri: tra i ragazzi di recente immigrazione il 63% del gruppo dei parlanti lingue europee (paesi dell’Est, ispanofoni, francofoni, ecc.) raggiunge un livello medio-alto dopo meno di due anni e mezzo in Italia. Percentuale nulla fra i cinesi, del 26% tra i marocchini e del 20% tra gli indiani.
“Questa ricerca nasce da un percorso di quattro anni di insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri e di formazione degli insegnanti – spiega Mezzadri – mi è sembrato importante superare la logica dell’emergenza, che è quella più affrontata dal sistema italiano. Si forniscono i primi rudimenti della lingua a chi non la conosce per nulla, ma questo non significa che lo studente poi possa progredire e raggiungere i livelli necessari per l’avanzamento scolastico e quindi anche sociale. L’indagine conferma la carenza del livello linguistico rispetto a quello che viene fatto a scuola: il problema è che gli insegnanti non sanno insegnare agli stranieri”. Se poi il problema non viene riconosciuto nei bambini delle elementari, spiega Mezzadri, il rischio è quello di causare loro un ritardo cognitivo che difficilmente potranno recuperare da adulti.
Nell’ordinamento della scuola pubblica, infatti, non esiste una classe di concorso di Italiano L2, cioè italiano per stranieri. Tutto è dovuto alla buona volontà dei singoli docenti, delle università e degli enti locali che finanziano corsi di perfezionamento e rilasciano certificazioni. Ma nulla è regolamentato a livello nazionale: “Le competenze non mancano – sottolinea Mezzadri – in Italia sono attivi 13 master di didattica dell’italiano, nelle Ssis c’erano corsi appositi, così come ci sono nel piano di studi di Lettere all’università di Parma. Si cerca di sopperire a carenze dello Stato, che non riconosce una preparazione invece fondamentale. Gli istituti tecnici e professionali di Parma e Reggio Emilia nei bienni hanno percentuali altissime di stranieri, con punte della metà per classe. E ci sono docenti incapaci di capire che non comprendono l’italiano”.
(04 novembre 2009)
Fonte:
http://parma.repubblica.it/dettaglio/st ... /1767322/1