Irene ha scritto:
*Secondo voi, quali sono i fattori che influiscono/hanno influito sui vostri esiti e percorsi scolastici? Il capitale umano dei vostri genitori (come il loro livello di istruzione o le loro abilità e competenze professionali)? Il capitale sociale (ovvero l’insieme di quelle risorse relazionali, fiduciarie o materiali a cui si può attingere nell’ambito delle reti sociali a cui si appartiene)? Il bilinguismo? La qualità della scuola? La composizione della classe di inserimento? Il rapporto con compagni e insegnanti?
Capitale umano dei miei genitori? No.
Erano mediamente istruiti ma in un contesto molto diverso, e non erano in grado in alcun modo (o non ci hanno mai provato) di aiutarmi nel mio percorso di studi (comunque non ne ho avuto neanche bisogno!).
Capitale sociale?
Se ciò può significare amici, certamente si, ma non saprei cos'altro metterci.
Bilinguismo?
Certamente sì. E' universalmente risaputo che parlare e pensare in più lingue dà una marcia in più rispetto agli altri. Poi nei miei tre anni di scuola in India, avevo frequentato una scuola primaria cristiana, in cui tutte le lezioni avvenivano in inglese. Pertanto oltre al "punjabi" e una comprensione minima di "hindi", avuta dai film di bollywood, parlavo anche inglese. A ciò si è aggiunto l'italiano, che ho imparato in pochi mesi (avevo 7 anni quando "sbarcai" in Italia).
Comunque, dopo tanti anni di scuola italiana ho avuto la "possibilità" di dimenticare buona parte dell'inglese che sapevo
.
La qualità della scuola?
E' peggiorata man mano che crescevo.
Ho avuto ottimi insegnanti alle scuole elementari (nei primi 4 anni a Bologna; poi al 5° anno, in Umbria, erano molto scadenti).
Alle scuole medie avevo un bravissimo insegnante di Italiano e storia, che mi ha iniziato alla lettura (le ore di religione - che non facevo - le passavo con questo insegnante in biblioteca), al gusto per la scrittura e le "parole".
Scuole superiori..."liceo scientifico tecnologico"...un disastro!
Primi quattro anni con 5 diverse prof di italiano...una peggio dell'altra.
Bastava fare il minimo indispensabile, e tutta la classe - io compreso - ha fatto il minimo indispensabile.
Nel complesso sono stati 5 anni in cui culturalmente sono cresciuto pochissimo, e quel poco è stato "fuori" dal contesto scolastico.
Comunque è da notare che ho sempre avuto un ottimo rapporto (e ottimi voti, ad esclusione del 5° anno delle superiori) con gli insegnanti di italiano (anche con tutti gli altri ma quelli di italiano in particolare).
Composizione della classe?
Si, sicuramente.
Per mia fortuna sono riuscito sempre ad inserirmi bene in tutte le classi che ho frequentato, e a legare anche gli elementi più "incompatibili". Da "giovane" ero molto più malleabile....adesso faccio un po' troppo quello con la puzza sotto al naso...che si sente anche un po' superiore....
Rapporto compagni/insegnanti?
Credo di avere già risposto in parte, per gli insegnanti. Per quanto riguarda i compagni, quando ho avuto accanto persone curiose, interessante, che non venivano a scuola soltanto per scaldare la sedia, sono stato invogliato ad impegnarmi di più; alle scuole medie c'era un sorta di competizione (per gioco, null'altro) sui voti tra me ed un paio di amici.
Alle scuole superiori la mia classe si è "seduta" (un nostro professore pronunciò la massima "i vostri cervelli sono seduti come i vostri culi"
ed aveva perfettamente ragione!!!). Ed è stato un contesto molto poco produttivo, da addebitarsi soprattutto alla pessima qualità degli insegnanti ed alla loro incapacità/non volontà di renderci partecipi ed interessati a ciò che studiavamo.
Irene ha scritto:
*Attraverso diverse indagini, è emerso che la maggior parte degli studenti (di origine immigrata e non) condivide l’idea di una scuola “meticcia”, ovvero aperta alle molteplici tradizioni culturali, etnico-nazionali e religiose. Condividete questa posizione? Se sì, quali sono secondo voi i maggiori ostacoli (dal punto di vista legislativo, formativo e metodologico) posti alla realizzazione di una scuola di tutti e aperta a tutti? E le principali opportunità da cogliere? A questo proposito, esistono degli errori da evitare o dei principi da seguire da parte degli insegnanti e di coloro che producono programmi e politiche scolastiche?
E' emblematico il caso della "ora di religione".
Questa ora (credo che fu prevista dal Concordato tra lo Stato e la Chiesa vaticana) è soltanto di religione cattolica. Ormai quasi tutte le classi hanno studenti di origini straniere, spesso di religione non-cattolica; a volte sono gli insegnanti stessi a "consigliare" ai genitori di non far partecipare lo studente all'ora di religione (come accadde nel mio caso, alle scuole medie). Questa ora potrebbe essere molto profiquamente utilizzata per parlare di "religioni", di dialogo con le altre religioni, di affinità e similitudini di valori nelle varie fedi; potrebbe sfatare tanti pregiudizi e creare ponti tra culture diverse.
Oltre a ciò la Storia: io penso che la storia "nazionale" dovrebbe essere abolita, in quanto il superamento dei nazionalismi è ciò che tutti gli stati occidentali avevano auspicato all'indomani della seconda guerra mondiale; eppure i libri hanno continuato a guardare e raccontare la storia da un contesto localistico e molto ristretto. Non dico che non si debba più studiare la storia italiana: si deve studiare la storia italiana assieme alla storia del mondo, e con punti di vista diversi e molteplici. La resistenza dovrebbe essere raccontata dalle parole di un partigiano come di un repubblichino; il colonialismo dovrebbe essere raccontato per bocca di un colonizzatore come di un colonizzato; la guerra dovrebbe essere raccontata per bocca del soldato, della moglie del soldato, del cittadino comune, oltre che dell'intellettuale esiliato, del ministro e del generale di brigata; e così via.
Secondo me, la scuola dovrebbe formare uomini, prima che cittadini di questo o quello stato; con ciò intendo dire che, con il contesto globalizzato nel quale ci troviamo a pensare ed agire, è davvero miope andare avanti con una lente piccola piccola.
Gli insegnanti sono i primi a dover essere formati per pensare in modo globale (mentre oggi, la maggior parte di loro ha una cultura informatica e di internet da far rabbrividire).
Lo studio delle lingue straniere è importantissimo ed ancora troppo sottovalutato, sia dagli insegnanti che dagli studenti e dai loro genitori; gli strumenti per l'apprendimento delle lingue sono ancora obsoleti, questo nel tempo dei dvd multilingue, della tv satellitare, di internet, del peer to peer, dell'mp3 e del podcast, della play station, ecc.
Per scuola meticcia io vorrei ciò che ho detto sopra: che si guardasse oltre il proprio campanile, e che venga esplorato tutto l'universo della cultura umana, in letteratura, nell'arte, nella musica; è conoscendo ed apprezzando la cultura ed il sapere nel suo insieme che potremo apprezzare di più ciò che abbiamo sotto il nostro naso.
Irene ha scritto:
*Molti studiosi hanno trattato la questione della difficoltà di inserimento scolastico dei ragazzi di origine immigrata e hanno individuato tre tipi di risposta a questa necessità:
- assimilazione (secondo cui la scolarizzazione si limita alla lingua e alla cultura maggioritaria, invitando i ragazzi ad abbandonare la propria cultura d’origine, vista come un ostacolo da superare attraverso appositi interventi formativi);
- ghettizzazione (che presuppone una presunta incompatibilità tra le diverse culture, pertanto sostiene una loro separazione e un pluralismo culturale);
- interculturalismo (che ha l’obiettivo di creare una scuola capace di garantire la più ampia pluralità, attraverso il reciproco arricchimento prodotto dall’incontro tra culture diverse.
Secondo voi, quali di queste tre opzioni riflette maggiormente la realtà scolastica italiana da voi vissuta?
Ovviamente l'interculturalismo è l'opzione auspicabile.
E' assurdo pensare di poter vivere in questo mondo senza subire contaminazioni e senza contaminare.
Abbiamo visto cosa può significare la "purezza della razza" e l'esistenza di una "cultura dominante".
Ragionare in questi termini è deleterio, controproducente e non guarda lontano.
Ciò che ho vissuto io è l'assimilazione, in toto, a parte sporadici casi di interculturalismo ad opera di rari insegnanti più sensibili e lungimiranti di altri.
E per converso, io ho avuto ben pochi problemi a vivere la mia vita perchè mi sono lasciato assimilare, forzando anche un po' la mano su quello che avrei potuto essere se avessi mantenuto qualcosa del mio bagaglio culturale originario.
Irene ha scritto:
*Quali fattori hanno influito sulle vostre scelte relative ai diversi percorsi della scuola secondaria superiore? La classe sociale di appartenenza? Il capitale culturale dei vostri genitori? Il genere? La vostra storia individuale (che considera la lunghezza della permanenza nel caso in cui non siate nati in Italia o la vicinanza alle aspettative e alle prospettive dei ragazzi italiani da generazioni, se invece siete nati in questo paese)?
Scuola superiore....i professori delle scuole medie hanno cercato di indirizzarmi ad un liceo classico o scientifico (tenendo conto delle mie attitudini, e dei miei voti).
Originariamente optai per il primo (seguendo un amico), poi però mi lasciai convincere da un assistente tecnico, (i famosi inutili "atp") - amico di famiglia - che operava nell'istituto tecnico dove c'era questo diploma in "liceo scientifico tecnologico"; una gran bufala, di cui a posteriori mi pento molto.
Comunque, in entrambi i casi, la scelta era motivata dall'intenzione di continuare gli studi anche dopo le scuole superiori, scelta condivisa e incoraggiata dai miei genitori, perchè dicevano "dovete studiare, per non fare i lavori di merda che siamo costretti a fare noi"
.
ps: la prossima volta puoi fare una domanda per volta?
Altrimenti mi passa la voglia di rispondere...dehihò