Da Redattore sociale:
IMMIGRAZIONE 16/03/2007
Seconda generazione: il meticciato culturale arriva in Italia
Cinesi, libici, filippini che parlano con influssi dialettali romani, milanesi o bolognesi e scrivono in italiano e nella loro lingua madre. Lo scambio tra culture e generazioni ''il vero motore del futuro''
ROMA - Parlano italiano con divertenti influssi dialettali. C'è il ragazzo cinese che parla con un accento alla Totti, essendo nato e cresciuto a Roma, c"è il ragazzo libico che parla alla milanese, la ragazza filippina con accenti bolognesi. Poi ci sono le ragazze somale, le eritree, i ragazzi senegalesi, i rumeni e le albanesi. Sono i giovani figli di immigrati, nati in Italia, iscritti alle scuole italiane o alle università, gente che ormai parla e scrive in italiano e che anzi si lancia nell’avventura letteraria: ci sono giovani scrittori immigrati molto promettenti che scrivono sia nella loro lingua, sia in italiano. E’ il meticciato culturale che arriva - seppure in ritardo – anche da noi. Le esperienze di questi giovani immigrati sono state raccontate giovedì in Campidoglio durante un convegno organizzato dalla Fondazione Basso e dalla Rete G2, che sta appunto per generazione due, o meglio seconde generazioni.
Il magistrato Franco Ippolito, a nome della Fondazione Basso che fin dalle sue origini si occupa delle questioni delle migrazioni e degli scambi tra culture, ha spiegato l’importanza di iniziative come quelle della Rete G2. Lo scambio tra culture e generazioni sarà il vero motore del futuro e l’Italia, da questo punto di vista sconta ritardi dovuti a una serie di motivi che si intrecciano. Uno di questi motivi è legato alle politiche di chiusura che come si è visto in tutto il mondo non producono nulla e sono soprattutto inutili. E’ inutile il muro tra il Messico e il nord America, così come si è rivelato inutile il muro virtuale di Shenghen. L’altra fonte del ritardo è la memoria corta degli italiani, che si sono presto dimenticati di essere un popolo di "emigranti”, oltre che di poeti, scienziati ed eroi. Lo stesso concetto è stato espresso, durante il convegno in Campidoglio, sia da Enrico Pugliese, uno dei massimi esperti italiani di immigrazione/emigrazione, sia dallo storico dell’Africa, Alessandro Triulzi, che ha ricordato come la cultura colonialista abbia inciso negativamente perfino sulla storiografia africana. Abbiamo studiato infatti soprattutto le nazioni, mentre ora è evidente il tema della transnazionalità e della cittadinanza degli africani che sono emigrati. Perfino la migliore cultura della sinistra italiana, ha aggiunto Pugliese, non è riuscita a creare i nessi con la storia: si sono scoperti gli immigrati, dimenticando gli emigranti. In realtà, ha voluto dire con una battuta Pugliese, ci sono solo due categorie di persone che vogliono davvero bene agli immigrati: i demografi, che descrivono la realtà per quella che è, e i preti, che in questi anni hanno dimostrato di credere e praticare la cultura dell’accoglienza e dell’apertura al diverso.
E mentre per Pugliese il discorso sulla cittadinanza può essere limitato e limitante se non riesce ad includere anche la grande questione dei diritti sociali, per Mohamed Tailmoun, uno degli animatori della Rete G2, l’obiettivo della cittadinanza è fondamentale per i ragazzi delle seconde generazioni. C’è infatti la questione del riconoscimento dei diritti politici, ma la cittadinanza ha anche una ricaduta economica immediata. Molti di noi – ha spiegato per esempio Mahamed – finiti gli studi hanno bisogno di inserirsi nel mondo del lavoro, spesso anche in ambiti professionali difficili. Ed è lì che avere o non avere la cittadinanza diventa discriminante. Sia Enrico Pugliese, sia Franco Ippolito (che hanno collaborato alla stesura delle proposte di legge di modifica della Bossi-Fini), hanno detto che il legislatore dovrà recepire le proposte avanzate dalla Rete G2, in particolare quindi sul terreno dell’attribuzione della cittadinanza italiana.
Durante il convegno hanno parlato anche altri ragazzi e ragazze esponenti della Rete G2: si è parlato delle esperienze delle ragazze somale, di quelle eritree, della diaspora iraniana nel mondo. Sono stati letti dei brani di scrittrici di seconda generazione e proiettati due video curati dalla stessa Rete di ragazzi, con una grande freschezza comunicativa. L’importante, per noi, dicono i giovani della G2, è lavorare sulle proposte concrete, ma anche sull’immagine, sulla comunicazione, sulla cultura. E’ un fatto fondamentale, per avere uno scambio vero con la società italiana che non è ferma. L’Italia non è un’entità astratta. E’ una realtà viva , in continua trasformazione. E i giovani immigrati-italiani di seconda generazione fanno già parte della nuova Italia.
Fonte: Redattore sociale
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