A: Mi raccomando sistemati con i documenti... Prima di natale sono passata al liceo a salutare alcuni professori, ero felice, spensierata, tutto sembrava tranquillo. La professoressa di matematica che mi vuole particolarmente bene mi ha raccomandata di sistemarmi con i documenti, e io sorridendo amara le ho risposto: se dipendesse da me... Già se dipendesse da me ... Non dipende da me, purtroppo. Quest’estate sono andata alla questura 4 volte per riuscire a ottenere un pezzo di carta. Sono andata alla questura per spiegare i problemi di noi "seconde generazioni", ho consegnato tutta la mia tesina al "dottore" dedicandoglielo e sperando nel profondo del cuore che lui la leggesse e comprendesse le mie parole, che per un attimo s'immedesimasse nelle nostre situazioni, che per un solo istante abbandonasse le sue vesti per entrare in quella dei figli d'immigrati. Sembrava che avesse capito, sembrava disponibile. Già sembrava. Dottore: "porta la dichiarazione dei tuoi genitori, così ti facciamo la carta di soggiorno per andare all’estero per gli studi" Colonnello :" ma lei non può richiederlo, non lavora ma studia, quindi al massimo le possiamo fare il soggiorno per 2 anni. Ho imparato ad accontentarmi sempre di meno negli ultimi tempi, 2 anni significava che avrei potuto viaggiare e mi bastava per il momento. Sapevo che sarebbe stato una lotta inutile pretendere di più. Infatti constatati i recenti eventi, ho ragione. Il soggiorno che ho spedito a maggio 2008 e che è ritornato nelle mie mani a dicembre scade a maggio 2009. Non so se le persone si rendono conto di ciò che significa. 5 mesi, esattamente 5 mesi e devo rifare tutta la trafila di nuovo. Sono andata a parlare con il colonnello, ma niente. Non avevano nessuna risoluzione per cambiare la data di scadenza dato che avevo già ritirato il permesso. Ho chiesto spiegazioni e mi è stato detto che passano tante pratiche e quindi hanno dimenticato della mia questione, poi che non avevo i requisiti, poi… la soluzione finale che mi è stata suggerita è quella di richiedere subito il soggiorno, di nuovo. Non so se ci prendono tutti in giro, non so se si divertano a umiliarci, a torturarci psicologicamente. Chissà per quanto dovrò subire ancora, chissà. Sono tornata a casa e le parole di mamma mi hanno risvegliata dai miei sogni. Mamma: “ fanno sempre così, non credere alle loro parole. Io pago tutte le tasse, sono regolare, sono in Italia da 15 anni, lavoro dalla mattina alla sera, non sono una criminale eppure non sarò mai “uguale” agli italiani. E non lo sarai nemmeno tu, perché tu sei cinese e lo rimarrai sempre, verrai discriminata in questa società, quindi smettila e apri gli occhi” Sì, mamma forse ha ragione. Mi sono ricordata che al liceo per andare in gita fuori dall’Italia dovevo avere il soggiorno valido, che non ho potuto partecipare al concorso per andare in Germania perché non ero cittadina italiana, che non ho potuto rateizzare all’università perché sono cittadina straniera. Già, sono straniera a quanto pare. Un dettaglio che avevo dimenticato visto che sono cresciuta e formata qui. Io non rinnego niente delle mie origini, anzi ne sono orgogliosa. Tuttavia mi sembra che sia tanto difficile in quest’Italia capire che in una persona possano coesistere 2 culture, che possa aver preso sia da una che dall’altra, che possa aver trovato l’armonia superando i conflitti derivanti dal trasferimento. Da qui le domande spesso senza senso che mi rivolgono: preferisci l’Italia o la Cina? Ma come mai parli così bene l’italiano? “Ma tu sei una finta cinese, sei molto più italiana”. No, non lo sono perché la legge non me lo permette. Io non sono italiana e lo puntualizzo non per mia volontà, ma per volontà altrui. Non lo sono e forse mai lo sarò se la legge non cambia. Questa è la verità. Chi meglio dei ragazzi nati e/o cresciuti qua può sentirsi italiano, chi meglio di noi? Se nemmeno essere nati qui è sufficiente, allora mi chiedo cosa fa dell’italiano un italiano? Guardo i telegiornali e mi accorgo che l’Italia sta diventando xenofoba, che criminale significa avere certe origini e frasi come “io non sono razzista però” sono ormai troppo ordinari da sentire. Non mi meraviglio più di tanto perché in un paese dove la legge stessa è discriminatoria, dove l’integrazione significa solo speculazione verbale, la gente rimarrà sempre impermeabile al cambiamento. C’è ancora troppo timore per rinnovarsi e per migliorarsi. Integrazione? Utopia alla luce delle leggi vigenti.
_________________ L'indifferenza è la peggior malattia dell'UOMO.
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