Forum della Rete G2 – Seconde Generazioni

L'Italia e l'Europa imparino dall'India...

In sintesi: l'India è una nazione di un miliardo e duecento milioni di persone che sulla carta in comune non hanno quasi nulla. Non la lingua, non la religione, non l'etnia. E neanche il cibo, il calendario, le condizioni socio-economiche o qualunque altro tipo di schema e di semplificazione siamo abituati ad applicare. Le definizioni, sul campo, trascendono in qualche modo questi concetti pur ricomprendendoli tutti in modo più sottile e, per noi, quasi incomprensibile. Un musulmano del Tamil Nadu ha certamente molte più cose in comune con il suo vicino di casa induista o cristiano che con un correligionario del Kashmir. E parlando di qualcuno, tra amici e conoscenti, si dice innanzitutto «è un gujarati» o «è un marwari» o, magari «è un parsi». La prima è una definizione geografico-culturale, la seconda di appartenenza a una ben definita comunità d'affari, la terza è religioso-culturale. Tutte e tre definiscono alcuni aspetti dell'essere indiano...ma nessuna di queste è onnicomprensiva.

Un'identità (quella dell'India, ndr) in qualche modo inglobante, che permette ad esempio di considerare Sonia Gandhi, un'italiana di nascita, di tradizione e di religione, come parte centrale della scena politica e culturale indiana. O anche, per legge, di definire un cittadino straniero sposato a un indiano come «cittadino di origine indiana». Il tratto peculiare dell'India sarebbe proprio questa sua non esistenza in termine rigidamente unitari, la sua capacità di trovare l'unità nella diversità, l'ordine nel caos, e di rimanere una nazione pur non sanando quelle che ai nostro occhi appaiono come contraddizioni insanabili.
Eppoi, ogni tentativo di dare un'identità unitaria, univoca e ben definibile all'India, come l'hindutva (ossia paese degli hindu) è prima o poi miseramente fallita. Bharat Mata si scrolla continuamente di dosso o alternativamente adotta tutte le maschere e i travestimenti, tutti i tentativi di attribuirle un'etichetta troppo definita, tutti gli stereotipi e i preconcetti. Cercando di convincere l'Occidente, pur tentando di rimanere completamente sé stessa, ad attribuirle quel ruolo cui sente di aver diritto in virtù della sua civiltà, della sua storia, delle sue istituzioni democratiche e della sua dimensione.
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La vera forza dell'India, la sua vera identità, risiede proprio nel patrimonio di flessibilità, di apertura, di capacità di mantenere istituzioni democratiche in una società complessa, di negoziare giorno per giorno mediando tra diverse culture ed etnie, di aprire al futuro e allo sviluppo pur senza abdicare alla propria storia, ai propri valori e alla propria ricchezza culturale. Per proporsi come modello e mediatrice in un mondo in cui la rigidità degli schemi e le idiosincrasie nazionalistiche che attraversano l'Occidente malgrado la cosidetta globalizzazione stanno generando, e rischiano di generare ancora più in futuro, una varietà di mostri destinati come Frankenstein a soffocare il proprio creatore. L'India vuole essere ancora, come scriveva molti anni fa il grande scrittore Raja Rao, non un paese ma «un'idea, una metafisica», pur assumendo i contorni sempre più definiti della potenza economica, politica e militare.