L'energia del fare la fila alle 7 di mattina davanti alla questura è data solamente dal potersi riempire gli occhi di volti talvolta stanchi,altre volte gioiosi,di sentire echi di storie lontane,accenti differenti dai nostri. Ma io? Io sono l'ennesimo pesce fuor d'acqua in quel contesto,italiana ma non abbastanza per lo Stato,tradita solo dall'accento “vagamente” romano. Eppure al poliziotto allo sportello ciò non basta,per il documento (un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) che vado lì a richiedere, mi dice che è necessario anche un certificato di nascita tradotto e legalizzato in Brasile con tanto di timbro dell'ambasciata italiana a Rio de Janeiro. Mi fermo. Lo guardo,e gli chiedo se si sta rendendo conto dell'assurdità della sua richiesta ,come se sia lui l'artefice di quella legge,ma in quel momento quel “poveraccio” era l'unico, aldilà di mia madre e di Luca,su cui poter scagliare le mie ire. Lo prendo quasi per mano con me nella via dei miei ragionamenti e cerco di spiegargli quanto e come sia impossibile mantenere un ponte con il proprio paese di nascita (e di provenienza). Lui fa spallucce, non mi sente più e inizia a parlare solo con il buon Luca (del trio l'unico italiano “autoctono”) Io mi innervosisco e fuggo piangendo. Poi ritorno e lui è ancora lì a sostenere la sua tesi,dicendo che non gli basta leggere il nome di mia madre sul mio passaporto,non gli bastano neanche altri documenti che ho a portata di mano, “che ne so io che lei è veramente tua madre?Mica si può venire qui e chiedere documenti così sulla base della parola” ,mi sento ancora di più offesa e umiliata,anzi,triplamente umiliata sta offendendo me,mia madre e anche il mio passaporto brasiliano. Mia madre è basita,il mio amico Luca anche. Decidiamo di avventurarci all'ambasciata brasiliana,nel centro di Roma,per chiedere informazioni sul certificato di nascita,spieghiamo cosa sta succedendo e ci consigliano,di fare un foglio chiamato “esatta generalità”. Nel mentre che aspetto lo scorrere dei numeri sul display,vado fuori e fumo una sigaretta,una ragazza mi chiede delle informazioni in italiano e io rispondo,lei stupita mi dice “Ma tu cosa ci fai qui?Tu sei romana devi andare in vacanza in Brasile?” le vorrei tanto spiegare ma mi limito a sorridere e a non rispondere,dentro pensavo che era il colmo dei colmi. I giorni,le mattinate passano,mi perdo la laurea di due miei cari amici per andare in prefettura e scoprire che in quel giorno l'ufficio per la legalizzazione dei documenti fosse chiuso (nonostante su internet si dicesse il contrario) non mi abbatto,la mattina sveglia e via di nuovo a destra e a sinistra a fare fotocopie,a comprare marche da bollo da 14,62 euro per la gioia dello Stato italiano. Nuovo lunedì,questa volta ci siamo,pensai. Di nuovo Luca che viene a prendere me e mia madre,di nuovo un ora di fila davanti alla questura,il solito poliziotto che sbraita contro i primi malcapitati,la novità sta solamente in una lite scoppiata tra il marito (italiano) di una giovane russa e una ragazza cinese con un neonato in braccio,che è stato svegliato di sorpresa dalle urla. Si aprono i cancelli,parte la corsa per mettersi in fila,la seconda fila, per il numeretto. Quei tre numeri identificativi del tuo caso e del cosa ci stai facendo lì. “Hai tutto!” mi dicono mentre accertano chiedendomi i vari documenti da portare per richiedere il permesso di soggiorno CE (l'unica cosa che posso avere da mia madre oramai cittadina italiana,per sua fortuna). Aspetto, mi alzo, è il mio turno. Sono pronta a schierare i miei soldatini di carta,a caricare le bombe a mano fatte dalle mie fotografie,i missili saranno le varie marche da bollo, “eccomi!!” sono in campo, “o la va o la spacca!!”. “Certificato di nascita tradotto e legalizzato” mi chiese il poliziotto (fortunatamente non quello della volta scorsa) gli do il famoso documento rilasciatomi dall'ambasciata brasiliana giorni prima, mi fa un cenno negativo con la testa e io rimango basita. Vedevo i miei soldatini di carta ritirarsi uno a uno con il mitra dietro le spalle, le bombe a mano implodere, i missili-marche da bollo incollarsi tra di loro,eppure rimango calma e chiedo delle spiegazioni che fortunatamente mi sono state date,me ne vado ridendo insieme a Luca e a mia madre e pensando che effettivamente quel poliziotto alla fine ci stesse un po' provando con me. Ora i miei soldatini di carta sono arrivati fino in Brasile,dove fortunatamente c'è qualcuno che può aiutarmi ad avere un nuovo certificato di nascita,tutto ciò mi costerà,mesi di attesa e soldi. E nel frattempo cosa sarò io per la legge? Ora non ho permesso di soggiorno (farei bene a non dirlo?!) dato che mi è scaduto il 31 marzo di questo anno, il primo poliziotto a questa mia domanda mi ha risposto “stai tranquilla tanto mica sei clandestina eh!!!” ,io non sto tranquilla neanche per un po' e mi sento sempre più una macedonia.
Mi giro, e sulla scrivania intravedo i miei soldatini di carta rinchiusi nella loro caserma, una cartellina di plastica blu e sorrido pensando al momento in cui godrò del mio diritto di cittadinanza e potrò liberarli.
_________________ ..e semmai parlai di me non fu mai parola che tu comprendesti..
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