Quanti di voi si pongono la domanda:
E domani cosa faccio? Dove sarò? In che condizioni? A quali condizioni? Io, ultimamente, queste domande me le pongo tutti i maledettissimi giorni. Fantasticare sul futuro è il mio passatempo migliore, un futuro migliore del presente, nel quale rifugiarsi, sperando di essere più forti, un domani, di avere più energie e risorse da spendere per favorire il cambiamento positivo di cui le persone che ci circondano, questo Stato e il mondo intero hanno bisogno. Più energie di quante ne ho oggi. Più risorse (culturali, essenzialmente) di oggi. Più pazienza e più speranza, forse, di oggi.
Per questi motivi non sò se chiamarla fuga, perchè alla fine non sai mai da cosa scappi, se dal mondo o da te stesso. Forse da entrambi.
So, what will you do?
Il bisogno che sento è quello di formarmi, di crescere (sì, più di adesso, perchè non si finisce mai...e bisogna ogni volta ricominciare daccapo...), e di farlo in un contesto - fisico, mentale, territoriale, sociale, e tutto quello che volete - diverso, auspicando che sia migliore, che offra più stimoli, che apra più porte di quante ne presenta sbarrate.
E' una inquietudine. Forse riuscite a notarlo.
Perchè non accontentarsi di essere una persona "normale" che vive una vita "normale" e che nella sua vita vuole fare cose "normali"?
Ovviamente perchè questa normalità ce l'hanno portata via.
E noi - almeno per me è così - siamo costretti a dimostrare (a chi poi? a noi stessi?) di meritare quella normalità, anzi, di meritare di più, e quindi non siamo disposti ad accontentarci e chinare la testa, facendo una vita da schienabagnata....e pur di avere quella ca**o di normalità siamo disposti a...sì, a scappare da quella ca**o di normalità.
Uscendo da contorti arzigoggoli mentali, che come da definizione non portano mai a niente, e tornando al
Where to escape, ho trovato questo interessante sito con un sacco di classifiche sulle migliori università del mondo. Sono divise anche per settori e materie, per paesi e tanti altri indicatori.
Ad esempio, nella classifica generale delle migliori università, la prima università Italiana è quella di
Bologna e sta al
192° posto, declassata dal 173° del 2007.
Prima dell'Italia ci sono università di paesi come, solo per fare qualche esempio comparativo,
Francia (28), Hong Kong (39), Irlanda (49), Cina (50), Singapore (77), Israele (93), Korea del Sud (95), Taiwan (124), Messico (150), India (154), SudAfrica (179), Spagna (186) e via dicendo...
Su Wikipedia, a questo link (
http://en.wikipedia.org/wiki/Academic_Ranking_of_World_Universities), c'è una graduatoria delle migliori 100 università, e
La Sapienza di Roma nel 2006 era al 100° posto, e dopo passa oltre. Sull'altro sito è al
205° posto.
Si lò, ci siete rimasti male.
Il Brazile, la Grecia e l'Argentina vengono immediatamente dopo di noi...dopo questa riforma Tremonti-Gelmini ci passeranno davanti pure loro.
Tra le Università migliori in Europa, quella di Bologna sta al 72° posto.
Nella classifica per paesi, sul "National System Strength Rankings", secondo alcuni parametri, l'Italia sta al 12° posto, dopo Korea del Sud, Giappone, Olanda, Svezia, Svizzera, Francia, ecc.
Il sito è questo:
http://www.topuniversities.comMi sono sbizzarrito nella consultazione; ma c'è molto altro oltre alle classifiche; trovate anche informazioni sui sistemi universitari di molti paesi, con i link ai siti delle università, e tanto altro.
Ad esempio, in tutti i paesi anglosassoni e del commonwealth (pure molti del nord Europa) le tasse per gli studenti stranieri sono più alte (spesso più del doppio) di quelle per i residenti. Stati Uniti, Regno Unito, Australia, ecc. le tasse sono mooooolto salate!!!
La Francia invece, che ci precede lungamente con la sua École Normale Supérieure (28) e l'École Polytechnique (34), ha tasse bassissime (più basse di quelle italiane) e della stessa entità per studenti francesi e stranieri.
Dopo tutte queste chicche, ciò che auspico da questa discussione è che si condividano informazioni sullo studiare all'estero, e riflessioni sui cervelli in fuga, sui perchè e i percome della fuga, sul bisogno di dosi massicce di speranza in endovena.