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Risposte alla lettera alle seconde generazioni
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Autore:  Idris [ 20 ott 2008, 23:26 ]
Oggetto del messaggio:  Risposte alla lettera alle seconde generazioni

Cari amici,

non è la prima volta che postiamo questo avviso. È per una "Lettera alle seconde generazioni" (http://tricksterici.wordpress.com) redatta da un collettivo che fa riferimento alla rivista Trickster. Il suo scopo è suscitare un ragionamento attraverso gli spazi di parola e di libertà offerti dalla rete. La lettera ha ricevuto sino ad ora diverse repliche, molte delle quali di grande spessore (http://tricksterici.wordpress.com/alcun ... la-lettera), ma ci piacerebbe che il numero delle reazioni fosse molto maggiore, anche in forma di suggerimenti, di dissensi o di critiche. Un saluto a tutti,

la Redazione di Trickster

Autore:  ahimsa [ 26 gen 2009, 19:04 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Risposte alla lettera alle seconde generazioni

LA MIA RISPOSTA ALLE AFFERMAZIONI QUALUNQUISTE SUL BLOG DI TRICKSTER:


Mi dispiace molto che il vostro sia stato fino ad ora sostanzialmente un monologo.
Intendo dire che la vostra lettera non ha avuto risposta alcuna dai destinatari della stessa.

Proverò a rimendiare, anche se con un certo ritardo.
Sono ahimsa, di G2 Seconde Generazioni. Parlo a titolo personale di membro, e non a nome dell'associazione, che è composta di varie anime e non da una sola e univoca voce.

Innanzitutto rispondo alla vostra lettera. Non ci siamo costitutiti per dare risposte a concetti fumosi come "integrazione",
Rivendicare la cittadinanza non è nè un modo "per integrarsi" (perchè se una tale parola ha senso, noi riteniamo di essere già integrati, perchè nati qui oppure qui cresciuti e scolarizzati, "acculturati") nè per essere "come loro": nei diritti e doveri sì, essere come ogni italiano indigeno o autoctono, ma non necessariamente riconoscersi in una "identità italiana", perchè questi concetti sono relativi e malleabili.

Forse le nostre istanze vi risulteranno più intellegibili se cercaste di inserirle in un contesto storico più ampio: diritti per tutti gli uomini di qualsiasi fede religiosa; diritti per tutti gli uomini, a prescindere dal censo; pari diritti per tutti, a prescindere dalla etnia; pari diritti per tutti, uomini e donne. E dopo di noi verranno gay, lesbo e transgender.

Mantenere fette consistenti della popolazione al di fuori dei diritti civili e politici è fare un grosso danno alla democrazia. Qui non stiamo parlando ancora di identità, integrazione o quant'altro.

Se aveste cercato di conoscerci meglio prima di scrivere le cose che avete scritto, forse non avreste scritto le cose che avete scritto. O almeno non in questi termini.

La battaglia politica è inevitabile. Le leggi le fa il Parlamento, o sbaglio?
Questo è l'obiettivo contigente, prioritario.
Poi la rivendicazione deve ANCHE essere articolata in un discorso più ampio, che deve riguardare TUTTI perchè nei fatti riguarda la vita democratica del paese.
Per questo l'obiettivo immediatamente seguente a quello di pressione politica riguarda la "rivoluzione culturale" dell'Italia, e da parte nostra cerchiamo di lavorare in questa direzione intervenendo in ogni ambiente (risorse umane e portafoglio permettendo) che sia interessato ad ascoltare le nostre istanze, e cerchiamo spazi nei media.
Inoltre stiamo lavorando nelle scuole, con insegnanti e studenti, perchè lì si sta formando la società multicolore dell'Italia di domani. Questo è l'obiettivo di lungo periodo.

Cosa significa essere italiani oggi? Chi è l’italiano oggi?
In un secolo e mezzo di Unità d'Italia non si è riusciti a dare risposte a queste domande.
Siamo sicuri di riuscire a trovare risposte oggi?
Queste domande non sono un po' anacronistiche?
Non è anacronistico parlare di "identità" (e possiamo aggiungere l'aggettivo "nazionale", che è sottinteso ma presente. Mi pare che Luigi Einaudi avesse detto che la nazione è una categoria sociale che non esiste e non può esistere)?

Faccio un incipit: secondo me molti "addetti ai lavori" - di destra e di sinistra - sono più interessati a questioni identitarie, culturali, antropoligiche, nazional/iste, "storiche, letterarie, teologiche, psicologiche, artistiche…", e molto meno ai problemi di status giuridico delle seconde generazioni.
Trickster dove si pone? Io da questa "lettera alle seconde generazioni" non l'ho capito.

A cosa serve la definizione "Seconde Generazioni"?
Partiamo dall'ABC.
Perchè non sono immigrati, e non possiamo chiamarli immigrati, perchè sono nati qui, oppure sono arrivati qui da piccoli, quando non potevano decidere volontariamente di immigrare, e sono stati portati, come si porta una valigia.
Perchè non sono italiani, perchè non hanno gli stessi diritti di un italiano.
E' una definizione transitoria, funzionale, "spuria e temporanea, funzionale e difettosa" come dice Andrea qualche commento più in basso. Speriamo presto di non averne più bisogno, ma ora come ora non possiamo farne a meno. Non ci stiamo autodiscriminando. Non portiamo scritto "seconde generazioni" sulla fronte o sulla maglia. Al lavoro, a scuola, all'università, con i nostri amici siamo degli "italiani (quasi) normali", "italiani con il permesso di soggiorno". Non ci dà neanche autorevolezza. Non ci fa accelerare il rinnovo del permesso di soggiorno (io lo sto aspettando SOLO da un anno e due mesi), non ci fa viaggiare più facilmente, non ci fa ottenere un lavoro nel settore pubblico, non ci fa partecipare al servizio civile, non ci fa fare un dottorato. Quindi questa definizione non ci rende più autorevoli.

Rappresentanza e autoreferenzialità.
Non siete i primi a porre questa questione.
Chi "rappresentiamo"? Chi rappresenta "G2 Seconde Generazioni"?
Rappresenta TUTTE le seconde generazioni poichè si fa portavoce dei loro problemi burocratici, che sono noti. NON rappresenta il modo di pensare di ogni seconda generazione. Non siamo un sindacato che tutela solo i suoi iscritti. Ci battiamo anche per chi non ci conosce. E farci conoscere non è una nostra priorità (anche perchè non possiamo permettercelo). Autoreferenziali? La cittadinanza è autoreferenziale? Riguarda solo le poche centinaia di membri di G2 Seconde Generazioni? MA riguarda UN MILIONE di figli di immigrati OGGI e ne riguarderà sempre più in futuro!

Le affermazio di Karim Metref non stanno nè in cielo nè in terra.
E poi che c'azzeccano con la vostra lettera?
Chi sta trattando con disprezzo chi?
Chiedere più diritti significa negarli a qualcuno?
Alle prime generazioni? Quest'ultime hanno molti meno problemi rispetto alle seconde generazioni! Solitamente lavorano e riescono ad ottenere la carta di soggiorno con maggiore facilità. Inoltre non si pongono nemmeno il problema di "essere o non essere italiani".

Emilio sta parlando del nulla più assoluto. Potresti tradurre per piacere?
I movimenti di senconde generazioni in Italia sono tanti, e noi siamo solo uno di questi (anche se l'unico "laico", solo per la connotazione trasversale rispetto ai paesi d'origine, per gli obiettivi, che sono essenzialmente politici, e in questo senso trasversali) Sono i media che non se ne sono interessati.
Ad Emilio consiglio una lettura illuminante, che probabilmente ha sempre ignorato: "La Costituzione Italiana" by padri fondatori dell'Italia post-bellica. A parte la battuta, consiglio ad Emilio di rintracciare nel testo sopracitato le parole "immigrati" e "seconde generazioni" (che ovviamente non troverà) e la parola "cittadino" (che comprende genericamente tutti gli italiani).

Non reificateci. Dice bene Emilio. E prima di aspettarvi risposte da noi, ascoltate cosa abbiamo da dire, perchè diciamo poche cose, e cose semplici.

Andrea dice: "Insomma, una certa aria romana del modello associativo, una scelta comunicativa molto condizionata dai media tradizionali (anzi intenzionata a incidere sulle loro scalette) e poco propensa a lavorare a un modello di cooperazione culturale più silenzioso ma aperto anche a momenti riflessivi, non propenso a capitalizzare i propri successi pubblici. Vari tra i redattori della lettera erano poi anche urtati dalla pretesa di un luogo super partes del gruppo (apartitici). Come dire, il gruppo rivendica un proprio ruolo di sindacato, libero di interloquire con chicchessia e di non stringere alleanze con nessuno. Insomma, nel mentre ribadiscono con forza una propria internità al “noi” italiani, sembrano voler anche proteggere una propria estraneità. E per molti versi si ha da dargli ragione: credo che in tanti siano interessati a rivendicare una esclusiva con il logo dei G2."

Caro Andrea, sorvolando sul significato (che ignoro) delle prime righe di questa tua affermazione, posso dirti che malgrado le limitate risorse umane e risorse economiche quasi nulle, G2 Seconde Generazioni cerca di partecipare a momenti di riflessione, dibattito, nei quali viene invitata ad intervenire. Cerchiamo anche alleanze, abbiamo nel nostro curriculum collaborazioni con realtà locali e nazionali, ma tendiamo a preferire situazioni "alla pari", per evitare di diventare "il braccio multietnico" di questo o quel partito/sindacato.
Volersi battere in prima persona - e non delegare - per i propri problemi significa "proteggere una propria estraneità"? Allora è così. Delegando non abbiamo ottenuto nulla. Mettendoci le facce, le voci (italiane, romane, milanesi, venete, emiliane, toscane), le storie stiamo riuscendo (in tanti ce ne riconoscono il merito) a portare la "questione seconde generazioni" sull'agenda politica e negli ambienti intellettuali.

Emilio dice: "C’è una seconda generazione che parla, ma non c’è ancora una soggettualità politica in grado di porre la questione per come dovrebbe essere posta. E cioè, per intenderci, in grado di adottare quello che Spivak chiama “essenzialismo strategico” (o se volete “essenzialismo anti-essenzialista”, o “essenzialismo creativo”) come proprio “modulo di gioco” (sì, proprio come il 4-3-3), così da de-strutturare e ristrutturare, mentre la si utilizza, la stessa categoria della seconda generazione."

Sono un profano, caro Emilio. Cosa stai cercando di dirci?

Emilio dice: "Come fare? Mischiare sin da subito il “noi” con il “voi” nel contro-discorso della modernità italiana da costruire. Ad esempio, non è una seconda generazione migrante anche il figlio di meridionali al Nord? E non fa parte della Storia d’Italia anche colui che è nato in seno alle comunità italiane della diaspora negli Stati Uniti, in Australia, etc?"

Il meridionale che emigra al nord ha gli stessi diritti civili e politici di un padano. Se poi si riconosce in una categoria come quella delle "seconde generazioni", è un'altra questione (io naqui in India, arrivai in Italia nel 1991 a 7 anni, però "mi sento" più africano, dove ho trascorso solo tre settimane. Allora io chi sono? Cosa sono? Sono domande paradossali, ovviamente); un discendente di italiani nato e vissuto in sud america ha davanti a sè un'autostrada per ottenere la cittadinanza italiana, mentre un nato in Italia da genitori immigrati ha spazi di manovra limitatissimi.

Scusate se il mio intervento è stato un po' rude in certi passaggi. Ogni affermazione meritava una risposta e non mi sono astenuto dall'esprimere il mio punto di vista (e non quello di tutta l'associazione G2 Seconde Generazioni).

Spero di aver chiarito le idee a qualcuno dei soggetti che sono intervenuti in questa discussione, e spero che il dibattito vada avanti.

Cordiali saluti.

Autore:  clandestino [ 26 gen 2009, 22:31 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Risposte alla lettera alle seconde generazioni

sottoscrivo in pieno la risposta di ahimsa... :wink:

Autore:  paula [ 27 gen 2009, 01:39 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Risposte alla lettera alle seconde generazioni

ecco quanto postato direttamente sul sito dei trickster. dopo quanto scritto da ahimsa.

Cita:
Condivido molte delle cose scritte da ahimsa. Innanzitutto perché il suo linguaggio per me è ben più accessibile di quello usato da alcune delle persone in questa pagina (che forse intervengono qui in qualità di intellettuali? anche se pure la categoria intellettuali mi è oggi fumosa, spiegatemi por favor). E poi anche perché alcune delle cose scritte da lui sono state da anni al centro di un dibattito all’interno della Rete G2 e già anche prima della sua creazione (quindi ben prima del 2005, anno ufficiale della sua fondazione). Elementi di un dibattitto che alcuni, come ahimsa, riportano anche pubblicamente quando se ne ha tempo e occasione al di là delle continue e intense attività che la rete G2 organizza perché crede che chiacchierare non basti a migliorare le cose. A cominciare dalle definizioni ed autodefinizioni nella grande voglia di non subire solo quello che altri preparavano dall’alto ma allo stesso tempo decidendo che in un Paese dalle molte parole (di destra, di centro e di sinistra) ma dalla situazione grave era meglio privilegiare il darsi da fare più che l’autodefinizione migliore, finendo poi per non scegliere la migliore sigla per una organizzazione, “G2″, ma dandoci sotto con iniziative su iniziative.

A proposito di linguaggio, ma a chi si rivolge questa vostra pagina di parole? Ad un certo tipo di addetti ai lavori (di quali lavori?)? E con quale obiettivo? La cosa mi sfugge così come mi sfugge cosa vuol dire il signor Emilio:

“C’è una seconda generazione che parla, ma non c’è ancora una soggettualità politica in grado di porre la questione per come dovrebbe essere posta. E cioè, per intenderci, in grado di adottare quello che Spivak chiama “essenzialismo strategico” (o se volete “essenzialismo anti-essenzialista”, o “essenzialismo creativo”) come proprio “modulo di gioco” (sì, proprio come il 4-3-3), così da de-strutturare e ristrutturare, mentre la si utilizza, la stessa categoria della seconda generazione.”

Che d’è? Magari andrebbe tradotto per i poveri mortali, gruppo del quale faccio miseramente parte.

Leggo poi di un altro che parla di club Ma di cosa si sta parlando qui? Far parte di un club? La rete G2 anelerebbe il proprio ingresso in un club esclusivo?
Da quando avere pari diritti rispetto ai propri coetanei cresciuti in Italia vuol dire voler far parte di un club esclusivo? Quello che chiedono quelli della rete G2 non è la tessera di nulla di esclusivo ma il minimo del minimo: ossia pari diritti per chi è informalmente parte di una realtà.

Ma che diritto avete di negare ad una persona di ESIGERE di venire considerata un pari? Né un genitore che l’ha qui portato o fatto nascere né un amico o fidanzata o marito può imporre a un figlio di immigrati di non esigere l’eguglianza a gran voce. E non prendiamoci per il culo con il grande girone delle speculazioni: in questo momento non c’è nessun altro modo di avere chiaramente pari diritti se non l’accesso alla cittadinanza, se c’è un’altra strada chiara gridatelo al mondo e rendetelo fattivo come un’autostrada concreta e tutti vi seguiranno, me compresa. Vale per l’Italia come per gli Stati Uniti, come mi raccontavano i latinos di Chicago (salvadoregni, mexicanos-chicanos, guatemaltecos…), immigrati e discendenti dell’immigrazione: oggi solo la cittadinanza ti dà direttamente pari accesso.

Oppure vi credete che la Rete G2 stia chiedendo di entrare in un club del folclore italiano? Credete davvero che la questione sia: mi avvolgo nella bandiera italiana e mangio solo pasta asciutta rinnegando le mie radici purissme, le mie piume indie e mis empanadas?

Per ora mi fermo qui. Ricordo solo che la rete G2 è un’organizzazione politica e non una categoria, che oggi può essere la sigla di “seconde generazioni, discendenti dell’immigrazione” ma che forse un giorno potrà indicare la sigla di “seconde generazioni dell’italia extraterrestre” oppure altro. Be’ la rete g2 è stata tra i primi a rompere le scatole a destra e a manca a giornalisti, comuni mortali, docenti universitari, politici, insegnanti, perché si capisse che dire “immigrato nato in Italia” è assolutamente errato. Basterebbe leggere il Chi siamo del sito di G2, ma immagino che chi qui sia intervenuto sia si ben letto tutto quanto scritto sul blog e forum G2 per essersi fatto un’idea consì chiara di cosa G2 pensa e fa. (anche se poi qui leggo ancora: “seconde generazioni di migranti”).

Autore:  aron [ 27 gen 2009, 16:49 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Risposte alla lettera alle seconde generazioni

Quando si parla di cittadinanza io penso a un' appartenenza alla società, più che a una questione culturale o di identità. Ognuno é quello che é, e perché porsi dei limiti. Ad esempio una persona che vive e lavora in Italia da 10 anni ha gli stessi diritti di cittadinanza di chi é nato e vissuto in Italia. Il problema é più complesso pero' per chi é nato e ha vissuto solo in Italia e si vede negare la cittadinanza, in quanto conosce solo la società italiana ed é l'unica a cui appartiene. Mi vengono altre riflessioni su cosa comporta questo e sul disagio creato dal non riconoscere la cittadinanza, sopratutto ai più giovani.
Inoltre vi é una grande confusione che nasce dalla non corrispondenza della realtà rispetto a quello che si pensa, si dice, o rispetto alle stesse leggi obsolete. Che significa affermare che una persona é italiana? Si pensa ancora che voglia dire di cultura e origine italiana, quando ormai si parla di stati e società civili; e con i continui flussi migratori , italiano non vuol dire altro che appartenere allo stato e società italiana, e lo si é indipendentemente dalla cultura, origine, religione, razza....

Autore:  stella [ 27 gen 2009, 22:42 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Risposte alla lettera alle seconde generazioni

Perfetta, nulla da aggiungere!

Autore:  Cino [ 29 gen 2009, 01:24 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Risposte alla lettera alle seconde generazioni

senza intenti polemici, ma forse anche si, per me questi de trickster so gli stessi che scrivono recensioni di dischi indie su qualche webzine di musica della minchia autoreferenziali, solipsistici, noiosi. bah.

Autore:  clandestino [ 12 feb 2009, 21:20 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Risposte alla lettera alle seconde generazioni

ecco la mia risposta alla discussione sulla lettera.

Sono Ismail Ademi, faccio parte della rete G2 e parlo qui a titolo del tutto personale.
Ho letto con molto interesse tutte le risposte alla lettera e mi permetto di dire qualcosa anche io in merito alle questioni che vengono trattate.
Per quanto riguarda la definizione, penso che “figli di immigrati” sia una costatazione di fatto che non abbia bisogno di tante analisi di tipo semionitcofilosofiche che rischiano di toglierci da alcune questioni ben più importanti.
G2 è il nome e la sigla di un’associazione che erroneamente, spesso in buona fede ed altrettanto spesso in mala fede, alcuni hanno usato per identificare “le seconde generazioni”.
Moltissime delle cose che la maggior parte di voi dice sono sacrosante e pienamente condivisibili. L’importanza di affrontare alcune tematiche, l’importanza della terminologia, l’importanza di una corretta chiave interpretativa della realtà che ci circonda, la necessità di un cambiamento radicale nella mentalità degli abitanti che abitano il paese chiamato Italia….e potrei proseguire all’infinito.
Rimane la questione di fondo, la cittadinanza italiana. Non possiamo assolutamente limitarci a dire che questo è il presupposto di tutti i ragionamenti e proseguire nella discussione del tutto. Questo primo mattone del lavoro che tutti intendiamo fare è assente..Legalmente un figlio di immigrati è discriminato, limitato, condizionato da leggi che macabramente sono obsolete. Quindi in una scala di priorità questa sta al primo posto, almeno secondo la mia personale esperienza. Capisco che chi è italiano giustamente pensi che un lavoro più culturale sia alla base del cambiamento, me ne rendo conto anche io, ma è più forte di me. Non posso pensare al cambiamento del mondo, alla fratellanza globale e tutto il resto, mentre sono in una fila interminabile per rinnovare il permesso di soggiorno.
Troppo spesso, come la storia ci ha dimostrato con l’immigrazione, in Italia si parla delle cose anche senza conoscerne a fondo le dinamiche, ed ecco che nascono esperti, studiosi, intellettuali, ricercatori, formatori e altri ancora.
Una volta una psicologa sosteneva che era in grado, grazie a letture scientifiche sul tema, una nutrita bibliografia, interviste e qualche altro elemento, di dire quali erano i miei problemi di integrazione. Bene, personalmente mi sono altamente rotto le palle di gente che mi dà la scaletta dei miei problemi, delle mie paure, delle mie ansie, dei miei gusti musicali e del mio grado di integrazione.
Sento parlare di NOI, VOI, LORO e a volte su questi temi ci soffermiamo più del dovuto. Fare un dibattito che dura ore e ore per non dire giorni, su quale terminologia dobbiamo usare per definire chi è nato in Italia, ed ha tutt’oggi un passaporto diverso, mi sembra controproducente.
Le questioni identitarie sono completissime ed afferiscono alla sfera personale di ognuno di noi. Chi è in grado di raccontare la propria identità ha già sbagliato in partenza. Io penso che quello che ci dovrebbe accomunare devono essere i diritti e i doveri di cittadinanza, tutto il resto rimane strettamente personale.
Altrimenti rischiamo di cadere nel folclore. Altrimenti chi come me non ha un passaporto italiano verrà sempre usato come “testimone privilegiato”, “caso studio”, “attrazione per studenti”, “esempio etnico” ecc ecc. Dobbiamo smetterla con questi usi. Dobbiamo smetterla con i buoni selvaggi. Come dovrebbe essere poi un’ italiano? Quali modelli devo seguire per poterlo diventare? Quali caratteristiche ha un’ italiano DOCG ? Devo per forza piacere la pizza e la pasta per essere italiano?
Un’ italiano per dimostrare di non essere pregiudizievole può limitarsi a mangiare un kebab, vestire etnico ed ascoltare Kusturica?
Domande ovviamente retoriche che non hanno una risposta unica, ma tante risposte quanti sono i punti di vista di ciascuno di noi.

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