e come si era detto il 42% di questi stranieri è nato in Italia e quasi tutti stanno in Italia da anni, hanno fatto gia l'asilo
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VENEZIA - Nelle statistiche figurano ancora come «alunni stranieri» ma la maggior parte di loro è nata in Italia e ci vive
da poco meno di 1o anni. Alla partenza del nuovo anno scolastico, in Veneto, gli alunni stranieri sono quasi 8o mila, su 605 mila iscritti. Più della metà di loro ha meno di 1o anni e ha iniziato qui la carriera scolastica. Il 42% c'è proprio nato, in Italia. Di nuovi arrivi per il 2012/2013
se ne contano pochi ed è questa la vera inversione di tendenza rispetto agli anni scorsi, registrata dall'Ufficio scolastico regionale. Sono aumentati romeni, moldavi e bengalesi, sono diminuiti serbi e macedoni. La percentuale di stranieri sul totale degli iscritti è rimasta però stabile: +0,28%. In pochi sono
arrivati ma chi c'era è rimasto. Tant'è che i grandi numeri, fino a qualche anno fa rilevati nelle iscrizioni alla scuola dell'infanzia (ora 9.988) si ritrovano alle
elementari (33.539) e cominciano a raggiungere anche le medie (19.684). Chi ha cominciato l'asilo in Veneto è rimasto con la sua famiglia e adesso è un
adolescente che sta per iscriversi alle superiori. Un intero percorso scolastico in Italia, che ripropone il tema cittadinanza.
Nei giorni scorsi Claudio Piron, assessore all'Istruzione di Padova, dove gli allievi stranieri toccano il 65%, aveva avvertito: «Bambini e ragazzi che giocano con gli stessi giocattoli dei loro compagni italiani, mangiano lo stesso cibo, studiano le stesse materie e parlano la stessa lingua secondo la legge di
questo nostro strano Paese sono e resteranno stranieri fino alla maggiore età. Ma vi pare possibile nel 2013?». La replica al governatore Luca Zaia: «II vulnus sono i figli di immigrati inseriti in un progetto e che già vanno a scuola: non si può pensare che diventino italiani solo quando, dopo i io anni previsti
dalla legge, saranno alle medie. Sono contrario allo ius soli coram populo, per essere cittadini è necessario conoscere almeno la nostra lingua, la nostra storia e la nostra identità. Sollevo però il tema dei bambini nati qui e qui iscritti a scuola, sui quali credo che un ragionamento al di là dello ius soli debba essere fatto, anche perché spesso parlano il dialetto quasi meglio di me». Per accorgersene basta girare qualche scuola ad alta concentrazione di stranieri, che spesso traducono ai genitori quello che dicono i docenti. E poi ci sono gli adulti: nel 2012 in 16. 8oo hanno sostenuto i test di italiano. Osserva Tiziana
Agostini, assessore veneziana all'Istruzione: «Sono favorevole allo ius soli, chi ha iniziato a studiare qui ha un progetto di vita in Italia, perciò non si dovrebbe nemmeno porre il problema. Non si tratta di un'opportunità, ma di una certificazione di uno status quo». Ci va invece cauto
il presidente veneto dell'Associazione nazionale presidi, Lorenzo Gaggino: «La legge è molto restrittiva, però non ritengo
opportuno concedere la cittadinanza solo per nascita, un minimo di residenza in Italia è indispensabile. Anche perchè siamo un Paese di transito, tanti
stranieri approdano qui per ripartire alla volta di altri Stati appena possono, così come altri tornano in patria dopo un certo periodo. C'è poi il caso dei bimbi di profughi nati in Italia appena sbarcati: è giusto dare loro la cittadinanza? E' vero, bisogna accorciare i tempi per il riconoscimento di tale diritto a chi si
è integrato, ma anche vagliare per bene caso per caso».
In crescita oltre le aspettative, invece, quest'anno sono gli studenti italiani: 4.138 alunni in più, di cui 1.133 a Treviso. In questo caso l'aspetto più delicato da gestire sono i disabili, aumentati dai 12.883 del 2009/2010 agli attuali 15.615. Per seguirli al meglio, l'Ufficio scolastico regionale ha autorizzato quest'anno in deroga ai 5.960 posti di docenza concessi dal ministero, altri 1.263 posti, 300 in più degli scorsi anni. «Si
trattava di una necessità inderogabile - dice la direttrice Gianna Miola - a questi ragazzini deve essere fornito un servizio scolastico adeguato. Già le strutture non sono così, almeno gli insegnati non possono mancare». Costruite negli anni '70, tante scuole venete sono sprovviste di ascensore o rampe di accesso per i disabili e in alcuni casi i docenti sono costretti a portare in spalla i ragazzi per raggiungere i piani superiori. Gli edifici, insomma, non sono certamente il fiore all'occhiello della scuola veneta. Quello che c'è dentro, però, probabilmente sì.
Un risultato su tutti lo dimostra: le prove Invalsi. La scuola veneta anche quest'anno stacca di decine di punti la media nazionale, con una media di +11 punti nella prova di italiano di seconda superiore e di +14 in quella di matematica. «Il dato curioso è che sembrano non esserci grosse differenze tra istituti di città e di periferia - chiude Miola - a riprova che la scuola veneta, tutta, funziona bene».
Fonte: Corriere del Veneto 12/09/2013 articolo di Alice D'Este