Via Paravia, no alla classe con bambini italiani di fatto ma senza cittadinaza italiana
La scuola elementare "Lombardo Radice" di Via Paravia a Milano per il secondo anno non avrà la prima elementare: 16 bambini su 18 sono figli di immigrati. Secondo l’Ufficio scolastico provinciale sono troppi i figli di immigrati fra gli iscritti. E salta un’altra classe in via Paravia. Con la scuola elementare milanese sempre più a rischio chiusura, e un quartiere che non smette di chiedere di non lasciarla morire. «Lo scenario è lo stesso dell’anno scorso — spiega il provveditore Giuseppe Petralia — il numero di alunni stranieri è troppo elevato, non possiamo fare altro che smistarli su altre scuole».
In realtà dei 18 bambini iscritti, solo due hanno cittadinanza italiana, ma in 12 sono comunque nati in Italia da genitori stranieri e hanno frequentato le materne nel nostro paese. Numeri sovrapponibili a quelli dello scorso anno scolastico, quando la prima era stata soppressa perché considerata «ghetto» e in contrasto con la norma introdotta dall’ex ministro Gelmini che fissa un tetto del 30% di bambini senza cittadinanza italiana a sezione. Una decisione contro la quale i genitori avevano fatto ricorso per «discriminazione», respinto però dal tribunale civile di Milano.
I bimbi saranno dunque trasferiti in altre scuole. Ma per gli abitanti della zona, la chiusura di un’altra classe è una ferita: la primaria di via Paravia viene considerata infatti un presidio fondamentale per una "reale inclusione", in un quartiere ad alta concentrazione di stranieri. A settembre, quando erano state raccolte più di 700 firme che chiedevano di salvare l’istituto, era arrivato anche l’appello del sindaco Pisapia per chiedere ai milanesi di iscrivere in massa i propri figli nella scuola per far sì che non si ripresentasse il problema.
Sulla Scuola di Via Paravia interviene anche il vicesindaco e assessore all’Educazione, Maria Grazia Guida: «Non abbiamo ancora avuto nessuna comunicazione ufficiale — commenta — ma se fosse così, ci attiveremo per cambiare questa decisione, per dare la possibilità a quei bambini, la maggior parte dei quali ha già frequentato le scuole in Italia, di iscriversi in quella prima. E per dare la possibilità al quartiere di continuare ad avere una scuola».
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