1. Per quanto riguarda l'accesso alle professioni , per esempio, si potrebbe obiettare che per alcune non è necessario che esista la cittadinanza.
Per esempio, un ingegnere, se vede il suo curriculum cioè il titolo accademico riconosciuto, dovrebbe poter esercitare anche in assenza di cittadinanza, purché superi l'esame di abilitazione (titolo professionale).
Per latri mestiere la cosa è diversa: per esempio un magistrato, o in genere unpubblico ufficilae è normale che debba essere cittadino italiano.
2. Beh, sono propenso ad accettare l'ipotesi di una multiculturalità italiana, o quella di una cultura italiana da definire "non solo italiana", ma che le culture non siano tutte uguali, mipare che ci sia poco da discutere.
3. Ed esisterebbe se si accettasse la norma da voi proposta nel messaggio che apre la discussione.
Come ho scritto se unfiglio di stranieri , nasce inItalia e poi si sposta all'estero senza aver "maturato" una "cultura" italiana, ho difficoltà a definirlo italiano.
Lo stesso può accadere per il figlio di emigrati italiani, ma in tal caso può acnhe accadere che i legami con l'Italia rimangano.
4. Proprio per questolegherei la naturalizzabilità alla frequenza scolastica, che è appunto obbligatoria, e che (sia pure con i suoi difetti) conferisce una appartenenza culturale italiana secondo me innegabile.
A presto, "botolaccio"
P.S. Condizione imprescindibile per la concessione della regionalità, è che tu sappia perché ti chiamo così, e di dove sono se lo faccio.